2 Maggio 2024
Serie TV e Cinema

I cinema vuoti: tra piattaforme digitali e nuove generazioni

I cinema vuoti preoccupano gli appassionati e gli operatori del settore. Fino a pochi anni fa si respirava l’atmosfera del grande evento. File all’ingresso, sale gremite, biglietti sold out. Poi, il progressivo abbandono.

La pandemia è l’unica responsabile di questa tendenza? Quanto ha inciso la proliferazione delle piattaforme digitali? Ci sono responsabilità ascrivibili al circuito cinematografico? Che rapporto intercorre tra le nuove generazioni e il cinema?

Perché i cinema sono vuoti?


I cinema vuoti? Un nuovo panorama

Per chi – come il sottoscritto – si è approcciato al cinema negli anni Novanta o nella prima decade del Duemila, l’attuale panorama appare decadente. Poco importa se l’ultimo capitolo di Avatar si è imposto per il record di incassi al botteghino. Poco importa, se la scorsa estate è stato lanciato il Barbenheimer, un piano strategico volto a creare una sinergia tra due pellicole – Barbie e Oppenheimer – destinate a generare enorme flusso e impatto mediatico in una breve parentesi temporale. La cornice rimane preoccupante e sembra oltrepassare le difficoltà legate alle chiusure indotte dalla pandemia. Se il problema sussiste riguarda anche aspetti tecnologici e generazionali di portata storica.

I cinema vuoti
Barbenheimer, un fenomeno da più di 265 milioni di dollari (Fonte:BadTaste)

L’irruzione dei multisala prima dei cinema vuoti

Venti anni fa la situazione era completamente diversa. Il fermento dei primi anni Duemila aveva determinato l’ingresso delle catene multisala nel settore. Non si dimentichi che in questo periodo masse di appassionati si riversavano a cercare i biglietti per Harry Potter o per il Marvel Cinematic Universe. Questa fase aveva determinato, nel mercato della distribuzione, l’avvento di grandi capitali e operatori. La pubblicità pervasiva, le grandi sale di proiezione, gli spazi di intrattenimento dotati di servizi extra-cinematografici entravano prepotentemente nel corredo genetico della Settima arte.

Molti piccoli cinema – per lo più storici o caratteristici, comprese alcune sale d’epoca – erano stati costretti ad abbassare la saracinesca, incapaci di fronteggiare la concorrenza dei multisala più moderni, dotati di maggiore programmazione e numerosi confort.

La scorsa estate ha chiuso l’Odeon di Milano per fare spazio ad un centro commerciale. In questo caso, la serrata ha origini diverse. Le cause, tuttavia, non sembrano riconducibili ad un avvicendamento su larga scala dello strumento mediatico quanto ad alcuni aspetti storici che sarebbe restrittivo considerare contingenti. 

I cinema vuoti e la pandemia

Nel 2020 il mondo si fermava attanagliato dal Coronavirus. Emergeva prepotentemente il paradigma delle restrizioni, del distanziamento sociale e dell’isolamento domestico. Ogni ramo artistico abbassava il proprio sipario; concerti, rappresentazioni teatrali e proiezioni audiovisive venivano sospesi; tuttavia, il silenzioso processo di svuotamento delle sale – che ha avuto il suo culmine negli effetti dell’emergenza pandemica – può essere fatto risalire ad almeno cinque anni prima.

Se da un lato la chiusura forzosa dei cinema causata dal Covid può essere annoverata tra le ragioni di questo fenomeno progressivo, dall’altro rappresenta un segnalibro storico, una cesura tra prima e dopo che permette di analizzare la tendenza più chiaramente. Dopo non avere più potuto frequentare le sale di proiezione per una notevole parentesi temporale, è potuto emergere più nitidamente il confronto con il passato.

Il pubblico, a quanto pare, è scomparso. Il Coronavirus ha indubbiamente trasformato il mondo – rispetto a come era vissuto – ma ha altresì smascherato limiti e accelerato tendenze già presenti. Cosa è accaduto, quindi, tra il 2010 e il 2020?

I cinema vuoti e la pandemia
La pandemia e il cinema (Fonte: Lifegate)

I cinema vuoti come scenario post-apocalittico

Per post-apocalittico intendo il periodo successivo alla pandemia. Molti cinema sono per lo più vuoti. L’affluenza media non è paragonabile a quella di qualche anno fa. Accade frequentemente che alcuni film siano riprodotti davanti ad una sala pressoché vuota. La pellicola diventa autoreferenziale, rivolta a sé. Cosa rimane del cinema senza un pubblico?

Gli introiti pubblicitari sono diventati fondamentali per la sopravvivenza, accanto ai fondi pubblici. Il problema sorgerà laddove nessuno vorrà più pagare per proiettare inserti in una sala vuota. Dal punto di vista dello spettatore, questo non costituirebbe un elemento di sgomento; la pubblicità, infatti, è diventata estenuante; popcorn e bibite si esauriscono ancora prima della proiezione.

Possibili criticità future delle sale cinema

Dal punto di vista delle sale, tuttavia, i mancati introiti pubblicitari rappresenterebbero un’ulteriore emorragia di risorse. Sul versante dei finanziamenti, invece, soprattutto in Italia i fondi pubblici hanno sostenuto il cinema anche al di là della pandemia. Adagiarsi sui sussidi, però, non garantisce un’adeguata risposta ad un fenomeno di portata forse storica. Non sono sufficienti misure contingenti, per contrastare tendenze strutturali.


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I cinema vuoti in Italia

Un cinema abbandonato
Un cinema abbandonato (Fonte: Ascosi Lasciti)

C’è una tendenza internazionale che mediamente si presenta al ribasso. Si pensi che il valore azionario della Disney – detentrice, tra le altre, di Pixar e Marvel – ha avuto un recente tracollo. C’è poi la situazione italiana che accentua l’indirizzo decrescente segnando un distacco impietoso dagli altri paesi europei. I cinema incassano molto meno, e solo alcuni film si rivelano redditizi per il botteghino. Le risorse limitate stanno equilibrando il numero di concorrenti. Su più di millecinquecento sale presenti agli inizi degli anni Duemila, ne rimangono poco più di un migliaio. Circa la metà sono monosala.

Quest’anno due intervistati su dieci non hanno mai visto un film al cinema. Il 60% degli intervistati si dichiara fruitore di contenuti audiovisivi ma ammette di non essere mai andato in sala nel 2022 per assenza di tempo libero. Ci sono, poi, anche cause estrinseche come quelle logistiche. In Italia, eccetto che nelle grandi città, i cinema non sono distribuiti in modo omogeneo. Occorre percorrere diversi chilometri per raggiungere quello più vicino. Non c’è un giusto equilibrio: in alcune zone c’è sovrapposizione tra sale, in altre c’è la totale assenza di alternative.

I cinema vuoti e l’invasione pervasiva dello Streaming

I cinema vuoti e la proliferazione delle piattaforme streaming
Le piattaforme digitali come ultima frontiera (Fonte: TV Tips)

Quando ci siamo chiesti cosa stesse accadendo più o meno nel 2015, avremmo potuto rispondere che era in corso “l’avvento delle piattaforme digitali”. Indubbiamente c’è una correlazione tra il percorso inversamente proporzionale tra la parabola discendente delle sale cinematografiche e quella ascendente dello Streaming. Fermarsi a questa risposta sarebbe, tuttavia, riduttivo per chi vuole penetrare il “problema”. Occorre, allora, ponderare i diversi fattori.

Non si è assistito soltanto alla proliferazione massiccia dei dispositivi di ultima generazione e delle piattaforme virtuali. Questa tendenza è correlata ad altre. C’è stata una personalizzazione della modalità fruitiva, in grado di esaudire i bisogni del più recente individualismo.

Macro fattori e configurazioni storiche

Il cinema – si pensi alla brillante disamina del filosofo Benjamin – si afferma nel Novecento in rapporto alle esigenze della società di massa. Ma la storia e lo spirito umano assumono diverse configurazioni e procedono scivolando da un estremo all’altro. Così il Romanticismo si era opposto per reazione all’Illuminismo, lo Spiritismo al Neopositivismo e così via. Queste tendenze sono ben riconoscibili nella storia dell’arte e della scienza.

Evidentemente, al secolo delle masse si è fisiologicamente avvicendata una reazione individualistica, almeno nelle società occidentali. Così la condivisione social – cui non di rado si fa cenno – ha come proprio rovescio la non condivisione, ovvero la fruizione individuale dei contenuti audiovisivi.

I cinema vuoti e il potere delle piattaforme digitali

I cinema vuoti e i Millennials
I Millennials come nuovo pubblico (Fonte: greenMe)

Non vi è dubbio che Netflix, Amazon, Disney+ e le altre piattaforme abbiano tratto benefici dal periodo pandemico. In particolare, hanno potuto fidelizzare gli utenti e studiarne gusti ed abitudini. Che brutta parola “utenti”, eppure è ciò che siamo; codici e indirizzi che corrispondono a un profilo virtuale; fruitori dematerializzati.

Le piattaforme digitali hanno potuto sfruttare, oltre agli effetti collaterali della pandemia, la svolta antropologica individualistica, il ricambio generazionale che ha per protagonisti i Millennials – nativi del paradigma digitale – e il rapido sviluppo qualitativo dei mezzi tecnologici.

A primo impatto, ci sono vantaggi pratici come la visione take away: più comoda, più veloce e più economica. A livello contenutistico, le piattaforme non solo si sono dotate di una variegata offerta di intrattenimento, comprensiva di cineteche ricche e aggiornate; hanno anche assunto l’elemento televisivo della continuità. Ciò è particolarmente evidente nelle serie e nei programmi a episodi. 

Inoltre, è riscontrabile maggiore aderenza alla vita temporalmente frammentata delle persone; i contenuti possono essere interrotti e riprodotti a piacere; soprattutto, sono disponibili direttamente sul proprio telefono. Mentre il film proiettato al cinema – o in prima serata in televisione – rappresenta un momento separato dalla quotidianità, le piattaforme digitali integrano i momenti segmentati della giornata. In particolare, le serie tv esibiscono il vantaggio di “far compagnia” agli utenti riempendo i “tempi morti”, ad esempio, il tragitto nei mezzi pubblici o la pausa lavorativa.

Confronto tra film e serie tv

I cinema vuoti e il dominio delle Serie TV
Il dominio delle Serie TV (Fonte: Noisiamofuturo)

Non solo i dispositivi, ma anche i contenuti meritano una riflessione. Oltre ad essere – senza generalizzare – meno impegnative, le serie hanno il vantaggio di rappresentare una vicenda in più puntate, diluendola e arricchendola di dettagli e sfaccettature che incontrano il gusto delle persone. I fruitori, infatti, sono appassionati di dettagli perché sono questi a insaporire una storia. Come si spiegherebbe altrimenti l’interesse riscosso da alcune delle più celebri telenovelas?

I film monolitici, di contro, sono costretti a condensare in poche ore le vicende narrate sopprimendo minuzie e particolari. Quando ciò non accade – come nel recente caso di Killers of the Flower Moon di Scorsese – vengono proiettate delle epopee estenuanti in cui il piacere è fiaccato da un’insostenibile pesantezza, degna di La corazzata Potëmkin.

I canoni artistici – fortunatamente – non sono uniformi; se si pensa alla scultura, vige il principio della selezione. Dal marmo si toglie, non si aggiunge. La statua emerge come residuo, come ciò che non è stato scartato. L’artista – nella fattispecie il regista – sa selezionare, sa sintetizzare. Nei programmi a episodi avviene il contrario. Per questo – più che i film – ad essere riprodotte sulle piattaforme sono prevalentemente le cosiddette serie tv.

Infine, le piattaforme determinano anche un’ulteriore apertura nel settore. La costante necessità di individuare nuovi contenuti da proporre induce una maggiore apertura verso nuovi registi, attori e produzioni, laddove il cinema rimane per molti aspetti ostaggio di un circuito chiuso ed elitario, che ha nell’olimpo hollywoodiano la sua quintessenza.  


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I cinema vuoti e le responsabilità del circuito cinematografico

La componente pubblicitaria del cinema
La componente pubblicitaria del cinema (Fonte: Youtube)

La produzione cinematografica stessa è sotto esame. C’è chi si chiede se tendenzialmente la programmazione sia peggiorata qualitativamente. I produttori assecondano la propria epoca e indubbiamente il cinema rispecchia il suo tempo storico.

I cult del passato più o meno recente hanno abituato fin troppo bene gli spettatori, quindi le aspettative del pubblico sono alte. La sorgente mitopoietica e la creatività non devono inaridirsi e l’effetto spettacolare non deve scemare sotto alle pedanti riproposizioni dei soliti schemi narrativi. Il rischio del cinema è di perdere il carattere rivoluzionario che lo ha fin dalle origini caratterizzato.

L’ipertrofia commerciale

Un altro punto critico risiede nella perdita di appetibilità da parte dell’ambiente cinematografico. Il fascino della visione in sala è stato boicottato anche dall’ipertrofia commerciale che ha avviluppato lo spettacolo dagli anni Duemila in poi. La pubblicità è diventata parte integrante della proiezione raggiungendo picchi estenuanti. Gli inserti oltre a indebolirsi reciprocamente – visto che la salienza è cannibalizzata dalla quantità, così come l’attenzione degli spettatori – diventano una seconda tassa imposta a chi acquista già un biglietto. Il cinema cerca di guadagnare sia dai pubblicitari sia dagli spettatori, ma ad essere importunati sono solo questi ultimi. 

I tentativi di alzare lo scontrino medio hanno prodotto il risultato contrario. I costi sono lievitati e non reggono il confronto con gli abbonamenti alle piattaforme digitali, al netto delle comodità della visione domestica. Molti intervistati hanno dichiarato di essersi allontanati dal cinema per l’aumento della spesa media. Promozioni e offerte sono sopraggiunte ma tardivamente.

Altri fattori critici alla base dei cinema vuoti

Anche l’effetto novità dei grandi multisala è lentamente scemato. I piccoli cinema mantenevano un aspetto caratteristico. Quelli di ultima generazione, invece, sono sprofondati nell’omologazione infrastrutturale e funzionale. Non è un caso, infatti, che il Nazionale di Torino abbia cercato recentemente di rinnovarsi inaugurando una sala da appena una quarantina di posti. La capacità di rinnovamento finora ha latitato.

Chi resiste al fenomeno dei cinema vuoti?

I teatri resistono meglio al paradigma della fruizione digitale
I teatri resistono meglio al paradigma della fruizione digitale (Fonte: Krapp’s Last Post)

La storia dei media rivela avvicendamenti e rivoluzioni che rispecchiano lo sviluppo della tecnica e della tecnologia. Gli strumenti, in quanto tali, sono supporti. Anche il teatro delle ombre e le lanterne magiche producevano originariamente effetti speciali. Sono i dispositivi ad essere cambiati. Forse un giorno anche i cellulari saranno obsoleti. Ciò che non verrà meno – si spera – è l’esigenza comunicativa. Si pensi al teatro, che non è stato annientato dalla cinematografia per quanto non sovrapponibile.

Non è un caso che lo spettacolo teatrale si sia difeso dall’avvento digitale meglio del cinema. Dopo la pandemia, i botteghini dei teatri sono stati proporzionalmente più fortunati di quelli delle sale di proiezione; hanno registrato più “tutto esaurito”. La rappresentazione teatrale è un evento unico; gli attori sono presenti e la loro performance per quanto riproducibile è irripetibile.

Le sale cinema indipendenti

Si è citato il teatro perché è assimilabile al cinema d’autore. Le sale cinema indipendenti che proiettano film d’autore, ad esempio, hanno subito meno il fenomeno del dileguamento degli spettatori. In primo luogo, perché sono frequentate da un pubblico fidelizzato, generalmente di livello culturale medio-alto, accomunato da interessi affini. Si tratta di un pubblico elitario, consapevole del valore della proiezione cinematografica e della non sovrapponibilità tra il cinema come spazio e gli altri dispositivi di fruizione.

In secondo luogo, perché questi piccoli cinema ospitano circoli ricreativi e culturali che vivono indipendentemente dal momento della proiezione. Questa intrinseca capacità aggregativa li pone al riparo dalle derive antisociali. L’offerta audiovisiva, infine, non sempre sarebbe reperibile su altre piattaforme di riproduzione. I cinema indipendenti infatti offrono una programmazione in grado di svariare dal circuito mainstream.

Il divismo e le grandi saghe

Per quanto riguarda il circuito cinematografico canonico, i film che vantano le migliori prestazioni in termini di presenze e incassi sono i kolossal e quelli che possono esibire un cast o un regista di fama. Il divismo è ancora un carattere intrinseco della cultura cinematografica. La maggior parte delle volte, si sceglie di assistere ad una pellicola piuttosto che ad un’altra in base alla presenza di determinati registi, attori e attrici. Inoltre, a livello di interesse, sembrano “resistere” gli ultimi episodi delle grandi saghe, quelle che hanno saputo avvicinare e mantenere il proprio pubblico di riferimento negli anni. La Marvel, ad esempio, ha fidelizzato e plasmato una cinecomunità, indicando una possibile soluzione per il futuro all’intero settore.


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Quali soluzioni per i cinema vuoti?

La ricerca della soluzione deve riguardare tutti gli interlocutori coinvolti. A livello di programmazione occorre chiedersi se i gusti e le tendenze della Generazione Z siano colti sufficientemente dal cinema. Non esiste una ricetta o una formula risolutiva univoca.

Relativamente alla proiezione, gli spettatori chiedono alle sale maggiore cura in alcuni aspetti gestionali; occorrerebbero, forse, orari più consoni rispetto ai ritmi lavorativi delle persone; maggiore disponibilità di promozioni e offerte; maggiori comodità; maggiore igiene negli ambienti e soprattutto maggior controllo per arginare la maleducazione dilagante del pubblico; non di rado, infatti, avvengono episodi che infastidiscono la visione collettiva: chi fuma sigarette elettroniche, chi parla, chi produce suoni e luci con il telefono, chi non rispetta i posti assegnati. Infine, un maggiore coinvolgimento del pubblico sarebbe utile per individuare le principali difficoltà, in modo da rendere la crisi foriera di opportunità per risollevare e far progredire l’intero settore.

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