“I’m a Barbie girl, in a Barbie world. Life in plastic, it’s fantastic.“
Alte, bionde e snelle: chi non ha mai avuto una Barbie? Io personalmente ne ho una scatola piena: bionde, more, alte, basse, versione natalizia o da infermiera, ovviamente con gadget annessi come strumenti del mestiere, borsette, cagnolini, pattini e ginocchiere.
Mai andata fuori moda ma tornata ancora di più alla ribalta questa estate con il film campione d’incassi Barbie della Warner Bros. La bambola più venduta e conosciuta al mondo viene commercializzata dalla Mattel a partire dal 9 marzo 1959. L’idea nasce da Ruth Handler, moglie del co-fondatore della Mattel. Mentre guardava sua figlia Barbara (che ispira il nome Barbie) giocare con bambole di carta, si rende conto che le faceva impersonare ruoli da adulti. All’epoca infatti la maggior parte delle bambole rappresentavano neonati o bambini, nel mercato mancava una bambola adulta e la Barbie arriva ad occupare quel posto.
La prima versione della Barbie aveva un costume da bagno zebrato, la pelle chiara e i capelli neri. Da allora la Barbie diventa il gioco preferito delle bambine di tutto il mondo, un simbolo per la cultura di massa e addirittura la Mattel dichiara che nel mondo vengono vendute tre Barbie al secondo.
Nei suoi quasi 65 anni di storia la Mattel ha cercato sempre di stare al passo con i tempi, seguendo i trend del momento e proponendo diverse tipologie di Barbie in modo che sempre più consumatori possano sentirsi rappresentati. Il rapporto tra Barbie e la tematica dell’inclusività ne è un esempio.
La collezione Fashionistas – Barbie e inclusività
La Mattel nel 2016 ha lanciato la collezione Fashionistas, che sul sito viene così definita […] Barbie e Ken Fashionistas celebrano la diversità con bambole alla moda che incoraggiano la creazione di storie ispirate al mondo reale e sogni senza fine. Con un’ampia varietà di carnagioni, colori degli occhi, colori e tipi di capelli, corporature e abiti, queste bambole sono pensate per rispecchiare il mondo di oggi come lo vedono i bambini. […]
Negli ultimi anni sono sempre di più i brand che introducono nei proprio valori quello dell‘inclusività. Anche la Mattel rientra in questi brand, cercando di allontanarsi dagli stereotipi della bellezza (che personalmente direi che in parte ha anche contribuito a costruire), da sempre rappresentata da una Barbie snella, alta e bionda. Oggi il messaggio che si vuole veicolare è che non esistono canoni di bellezza ma ognuno è bello con le proprie caratteristiche. Non c’è un colore di capelli o degli occhi più bello dell’altro, sono solo caratteristiche diverse.
La Mattel introduce piccoli dettagli ma di grande significato: seni più piccoli, stature basse, forme del corpo formose, capelli afro o colorati. Anche Ken viene inglobato nel progetto, producendo modelli con capelli lunghi e un corpo senza troppi muscoli. Ovviamente la linea Fashionista ottiene subito un gran successo e a livello globale la più venduta è stata la doll curvy con i capelli afro. Ma non solo, la linea comprende anche una bambola senza capelli, per dare la possibilità a bambine che magari stanno affrontando una chemioterapia o soffrono di alopecia di sentirsi rappresentate.
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La collezione Fashionista – Barbie , inclusività e disabilità
Ovviamente nel discorso dell’inclusività particolare attenzione merita il contesto della disabilità. Il primo modello introdotto dalla Mattel è una Barbie sulla sedia a rotelle, poiché l’oggetto era una delle funzionalità più richieste dai consumatori. Successivamente viene introdotta anche la Barbie con un arto artificiale e con l’apparecchio acustico.
Per garantire una rappresentazione accurata l’azienda ha collaborato con la dottoressa Jen Richardson, un’audiologa educativa, per costruire l’apparecchio acustico. Collaborazioni anche con gli esperti dell’UCLA Mattel Children’s Hospital per progettare una sedia a rotelle modellata su quelle utilizzate da persone con disabilità fisiche permanenti. Per creare bambole con la vitiligine la Mattel ha lavorato con un dermatologo.
Un aiuto è arrivato anche dai diretti interessati come Jordan Reeves, 12enne americana con una protesi al braccio che ha aiutato i designer a capire perché la protesi della gamba di Barbie doveva essere rimovibile per rendere l’esperienza più realistica.
Life in plastic, is NOT fantastic!
Dalla body positive delle passarelle, allo sport, fino ai giocattoli la parola inclusività ormai è entrata a far parte del nostro quotidiano. Ci si vuole allontanare dai canoni di bellezza imposti dalla società, che non rappresentano la realtà e portano a vedere ogni diversità come un difetto.
Sono diversi i brand che si fanno portatori di questi valori: il famoso brand di lingerie Victoria’s Secret ha introdotto manichini sempre più formosi, la Dove, brand per l’igiene personale, da anni lavora sul tema dell’accettazione e autostima. Tornando alla Mattel, nel 2022 lancia la prima bambola transgender della storia in occasione del 50esimo compleanno di Laverne Cox, attrice e attivista statunitense. Questo dimostra che l’inclusività delle Barbie si sta muovendo su ogni fronte possibile.
Voglio concludere con la frase con cui ho iniziato, ma mettendola al contrario “Life in plastica, is NOT so fantastic”.
Negli ultimi anni basta aprire un giornale per rendersi conto quanto i giovani siano sempre più persi e preoccupati, navigando in un futuro incerto e sommersi dalle aspettative della società. Cresce il livello di insicurezza e insoddisfazione, e sicuramente i social hanno fatto la loro parte: vite patinate e perfette a cui ci si ispira, filtri che ci rendono tutti uguali ma a cui vogliamo somigliare. In questo contesto il lavoro che devono fare i brand è duro, ma siamo sulla buona strada.
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Il concetto fondamentale secondo me non è solo quello di permettere ai bambini e bambine di sentirsi rappresentati e riconoscersi nelle Barbie o in un manichino. Quello che è ancora più importante è sensibilizzare tutti alla diversità, educare a guardare il mondo reale per quello che è, ricco e variegato, e non credere che la realtà sia ciò che vediamo dentro lo schermo. Caratteristiche o piccoli difetti (anche qui: difetti secondo quale standard?) che ci rendono unici, proprio perché life in plastic non è più una scelta possibile!
Conosci altri brand che si battono per essere sempre più inclusivi?