
The Fabelmans è il testamento di Spielberg e del Cinema stesso. Intendo condividere alcune riflessioni filosofiche sul film e sulla “settima arte”, a sostegno di questa affermazione.

Di che parla The Fabelmans, il testamento di Spielberg?
La visione inizia con i ringraziamenti dello stesso Spielberg. L’autore annuncia che sarà proiettato un contenuto a lui particolarmente caro. The Fabelmans assume la forma del viaggio, non solo metaforico. Sullo schermo prende forma un’epopea autobiografica attraverso gli Stati Uniti degli Anni Cinquanta e Sessanta. Il rapporto del protagonista con il cinema nasce in seno alle vicissitudini di una famiglia di origine ebrea, che trasloca progressivamente per motivi di lavoro.
Da un lato il padre Burt, ingegnere elettronico che incarna la visione del mondo scientifica e quantitativa; dall’altro la madre Mitzi, pianista istrionica che sprizza artisticità e sregolatezza lunare. Al centro, oltre al protagonista Sammy, le tre sorelle che ricoprono una funzione analoga a quella del coro tragico antico. I due estremi si divaricano fino a sciogliersi, portando a realizzazione l’incomunicabilità insita nella loro differenza sostanziale. Sono le vicissitudini stesse della storia a smascherare ogni compromesso.
L’incontro futurista tra il protagonista e il Cinema
La scena iniziale è significativa; il piccolo Sammy, assistendo alla prima proiezione della sua vita, rimane impressionato da un momento impattante: lo scontro tra un treno e un’automobile. L’attenzione per questo dettaglio denota una sensibilità futurista; lo confermano alcuni elementi: la passione per la velocità, per lo scontro e per le macchine (successivamente anche per le armi come dimostra il cortometraggio Escape to Nowhere). L’impatto dei due mezzi è metafora del suo incontro con la Settima arte. Dopo la proiezione a Sammy è donato un trenino elettrico.
L’ossessione lo porta a riprodurre la scena dello scontro; e l’ossessione è segno della divina mania, dell’inquietudine in cui risuonano le sirene dell’arte. Allora, la madre gli dona una cinepresa cosicché possa intrappolare e riprodurre a piacimento la scena, senza rompere il giocattolo. Inizia così il rapporto tra Sammy e il cinema, come un dolce segreto condiviso con la complicità genuina della madre.

L’arte come negazione in The Fabelmans, il testamento di Spielberg
L’arte mostra il non essere. Rivelando ciò che le cose non sono, mostra cosa sono. Il potere negativo artistico non consiste nel distruggere o cancellare, perché è un potere creativo. Il regista – come un incantatore – mostra una continuità fittizia: la pellicola è una concatenazione di fotogrammi separati. Negare significa mostrare immagini isolate come se non lo fossero. Così, il singolo fotogramma è liberato dalla sua condizione di singolo fotogramma. La doppiezza cinematografica è incantatrice nella misura in cui mostrando, anche nasconde; in scena è proiettata l’eloquenza dell’omissione.
I fantasmi di luce che balenano sullo schermo sono uno degli inganni che seducono lo spettatore. Già Platone aveva smascherato la finzione artistica; una finzione doppia in quanto l’arte è imitazione di imitazione, riproduzione di una realtà già intrinsecamente ingannevole. Curioso che le ombre proiettate nell’antro platonico ricordino proprio una proto-proiezione cinematografica.
La negazione artistica in Spielberg
La negazione artistica è ben esemplificata dalla Settima arte. La prima proiezione di Sammy mostra che la locomotiva deragliante non è quel che sembra essere. Lo spettatore vede un modellino giocattolo come se fosse un grande treno merci. Si rifletta su una delle ultime scene: a Sammy sono affidate le riprese del Ditch Day di fine anno. Dopo la proiezione davanti agli studenti, il protagonista viene raggiunto da Logan.
Costui rappresenta il giovane americano narcisista competitivo, che ambisce al primato della classe. Nonostante sia stato vittima di bullismo da parte sua, Sammy lo rappresenta “aureo”, eroico. Logan, tuttavia, reagisce violentemente: non riesce a riconoscersi nel personaggio vincente raffigurato nel cortometraggio; soffre lo scarto tra la realtà e la propria trasfigurazione cinematografica. Il corridoio dove i due parlano incarna il vuoto che Sammy ha fatto risuonare in lui. Questa scena è indicativa della ferita che ogni attore porta dentro di sé.

La lezione di The Fabelmans il testamento di Spielberg: l’arte non cambia la realtà
Il cinema restituisce la fuggevolezza del Reale: un apparire che è anche scomparire. Il presente si perde tra la propria fuga e la propria attesa. The Fabelmans è un titolo parlante, un anagramma: Fabel sta per Fable. Spielberg rappresenta sé come l‘uomo delle favole ma con ciò ribadisce la propria origine umana. Nonostante la sua produzione abbia abituato il pubblico a temi d’evasione, il messaggio trasmesso è che la realtà oltrepassa la fantasia oltre a costituirne la fonte. La lezione principale è che il cinema non cambia la realtà.
Ecco l’indifferenza cara al Serafino Gubbio di pirandelliana memoria: indifferenza della cinepresa, puro occhio sul mondo. L’indifferenza Spielberghiana costituisce l’accettazione impassibile degli eventi. Si pensi al divorzio dei genitori. Sammy si accorge del galeotto e reciproco apprezzamento tra la madre e il miglior amico del padre grazie alla cinepresa. Ciononostante, non si intromette e lascia che la separazione si consumi.
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Perché The Fabelmans rappresenta il testamento di Spielberg e del Cinema?
La famiglia di Sammy è metafora della genealogia cinematografica? Le nozze impossibili dei genitori ricordano quelle mitologiche tra Afrodite ed Efesto, tra bellezza e tecnica. La madre rappresenta la dimensione onirica, la Bellezza e la creatività, nonché la personificazione stessa dell’arte. Il padre rappresenta l’ingegneria, la confidenza con le macchine e gli automi (la cui fabbricazione era già anticamente attribuita ad Efesto), la manualità. Sammy – il Cinema – nasce dal matrimonio impraticabile tra questi principi e le rispettive virtù. Da un lato il Cinema è un sogno a occhi aperti seducente, in grado di catturare tutti i sensi; dall’altro ha un corredo genetico meramente tecnico, macchinico e ingegneristico. Sorge, tuttavia, un dubbio.
Se la Settima arte, come le altre, è ingannevole e mostra le cose come non sono, Spielberg sta invitando il pubblico a diffidare della sua lezione? Prendere sul serio il suo insegnamento, significa forse non prenderlo sul serio?