Passeggiando per le strade del centro potreste aver incontrato un’insolita forma d’arte: quella della cosiddetta Pantera Rosa, che sta letteralmente inondando le vie di Torino di rosa. Panchine, fontane, cabine del telefono e non solo.
Le domande sorgono spontanee: chi c’è dietro tutto questo? Qual è il motivo?
Eppure il mistero rimane.
Una forma d’arte o semplice vandalismo?
Ad interrogarsi sull’identità del simpatico decoratore sono stati in molti, senza ottenere grandi risultati. C’è chi parla di vandalismo, affermando che la Pantera Rosa abbia dato inizio alle proprie opere il I maggio, durante lo scontro tra polizia e centri sociali, ma, visto il prolungarsi del fenomeno, l’ipotesi è stata abbandonata.
Qualcun altro sospetta invece che si tratti di un omaggio al Giro d’Italia, che proprio in questi giorni ha toccato il Piemonte, ma anche questa teoria pare piuttosto forzata.
Più credibile, forse, è la supposizione che altro non sia che qualche singolare forma d’arte, visto che non è la prima volta che gli street artist decidono di usare il centro come teatro del proprio lavoro.
Da San Salvario alla Vanchiglietta, è impossibile non notare il gran numero di opere stradali – generalmente abbandonate – tinte di rosa. Cabine telefoniche, toret e biciclette, ma anche cestini, estintori e panchine.
Un tocco primaverile per dar vita ad una città forse troppo grigia
Vandalo o artista, colui che ha preso il nome di Pantera Rosa non si può condannare a priori.
Innanzitutto è importante considerare che non ha apportato danni all’equilibrio urbano, in secondo luogo bisogna anche tener conto del fatto che abbia scelto perlopiù oggetti abbandonati e ormai privi di scopo.
Le cabine telefoniche, ad esempio, sono ben presto destinate a sparire (come ricordano gli avvisi affissi dal Comune), ma, in attesa della loro rimozione, perché non godersi una visione colorata e più allegra di quella solitamente proposta?
Lo stesso principio vale per cestini dei rifiuti e panchine: il verde sarà anche il colore simbolo di Torino, ma qualche volta il cambiamento può essere positivo.
Leggi l’approfondimento che abbiamo trovato su La Stampa.