25 Aprile 2024
Attualità

Il Carnevale di Mamoiada

Il Carnevale di Mamoiada va ben oltre il folklore, dal punto di vista antropologico è legato ai cicli della morte e della rinascita della natura. Il suo inizio è collegato alla festa di sant’Antonio abate, ereditata dal mondo pagano. Non mancano le affinità con il culto di Prometeo, che secondo la mitologia greca rubò il fuoco agli dei per donarlo agli uomini. La Chiesa tentò di spazzare via i riti propiziatori del mondo agropastorale, ma non riuscendo nell’intento finì per acquisirli facendoli propri. Andremo a Mamoiada, in Barbagia, nel cuore della Sardegna, per ripercorrere le tappe di questo evento che affonda le sue origini in età nuragica.

Il fuoco per sant’Antonio e il Carnevale di Mamoiada

Il santo viene ricordato in tutta Italia il 17 gennaio con l’accensione di grandi fuochi. La leggenda ci narra che scese negli Inferi per rubare il fuoco da donare agli uomini.

Il Carnevale di Mamoiada

A Mamoiada i festeggiamenti iniziano a partire dal pomeriggio del 16 gennaio con la messa nella chiesa della Beata Vergine Assunta e l’accensione del primo fuoco nella piazza. Il prete benedice il grande falò e ci gira intorno per tre volte, seguito dalla statua del santo e da tutti i fedeli. I suoi tizzoni serviranno anche per accendere altri quaranta fuochi dislocati nei vari rioni del paese, dove vengono offerti dolci tipici: popassinu biancu, popassinu nigheddu, coccone in mele, caschettas e vino in abbondanza.

Il giorno seguente, cioè il 17 gennaio, con l’ufficializzazione del Carnevale di Mamoiada fanno la loro prima uscita le maschere dei Mamuthones e degli Issohadores.

La leggenda di sant’Antonio

Quando ero bambina, nonno mi raccontava sempre la leggenda di sant’Antoni de su fogu, sant’Antonio del fuoco.

Un giorno il santo con il suo maialino, si spinse fino all’inferno per chiedere ai diavoli un po’ di fuoco, che rifiutarono la richiesta. Il maialino superò l’ingresso passando in mezzo alle gambe di un diavolo, che si era messo di traverso. I diavoli cercarono invano di acchiapparlo. Ci fu un grande tumulto. Alla fine uno di loro concesse a sant’Antonio di entrare per riprenderselo. Sant’Antonio con astuzia riuscì a rubare il fuoco. Fingendosi stanco, appoggiò la punta del suo bastone nel fuoco, fischiò e il maialino gli si avvicinò, ripreso il bastone andarono via. Nessuno di loro si accorse che la parte interna della ferula, essendo spugnosa, aveva trattenuto la brace, che bruciava senza fare fumo. Fu con questo stratagemma che sant’Antonio donò il fuoco agli uomini.

Chi è sant’Antonio?

Sant’Antonio è il protettore degli agricoltori e degli animali. Viene rappresentato con un maialino ed è morto ultracentenario, proprio il 17 di gennaio. Il senso del suo culto è il risveglio della natura dal buio dell’inverno: la rinascita del ciclo vitale. E in questa cornice entra in gioco l’uomo che la propizia attraverso i riti del Carnevale di Mamoiada.


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Le origini del Carnevale di Mamoiada

La ricostruzione storica

Raffaello Marchi, storico di Nuoro, nel 1951 suppose che la manifestazione carnevalesca si riferisse a una vittoria dei pastori barbaricini, gli Issohadores, sui mori, i Mamuthones.

È difficile collocare le maschere in periodo definito per poterne tracciare la storia. In basa ad alcune teorie sarebbe collegata alla dominazione dei saraceni: tremila africani ribelli furono mandati nel cuore della Barbagia per essere domati. A loro vennero fatte indossare le maschere e rivestiti con un grande gilet di pecora scura.

Altre ipotesi la collocano nel Medioevo, quando i sardi catturarono pirati e razziatori musulmani, compresi i quattro capi dei saraceni noti come i Quattro Mori. I Mamuthones rappresentano i mori, gli Issohadores i sardi vincitori. Ai Mori condotti in Barbagia, venne fatta indossare la mastruca sarda, una maschera che copriva il volto con un fazzoletto legato al collo e dei campanacci nella schiena per indicare che finalmente gli oppressori erano diventati gli oppressi e che i sardi si erano vendicati.

L’interpretazione antropologica

Gli antropologi sono concordi nel collegare la processione all’agricoltura: in età nuragica gli uomini erano soliti assoggettare il bue per onorare l’agricoltura e la pastorizia.

Le maschere del Carnevale di Mamoiada

Le maschere hanno uno scopo rituale, servono per nascondere la vera personalità del celebrante e per rappresentare il volto dell’essere divino. Nel Carnevale di Mamoiada sono rappresentate dai Mamuthones e dagli Issohadores.

I Mamuthones, indossano sa visera, la maschera lignea nera che sancisce il collegamento tra l’uomo e il dio. La maschera è contornata da un fazzoletto da donna che avvolge  la testa per evidenziare l’androginia del dio. I loro corpi ricoperti di pelli di animali muovono sa carriga, campanacci di bronzo e di ottone sulla schiena per scandire il ritmo della danza, realizzati a Tonara.

Gli Issohadores portano una maschera bianca, una giacca di panno rosso, una camicia di lino bianco e i pantaloni infilati nei calzari di orbace. Caratteristico di questo costume è lo scialle dell’abito tradizionale della donna, annodato in vita. Gli Issohadores fanno salti più complicati rispetto a quelli dei Mamuthones. Lanciano sa soha, la corda per catturare gli spettatori: la cattura ha un significato di buon auspicio.

La conclusione del Carnevale e la figura di Juvanne Martis Sero

Juvanne Martis Sero è un fantoccio adagiato in un carretto addobbato con frasche, rami di mimose e arance, trainato da un asino. Questo soggetto, compare il martedì grasso, ha la testa di legno con un grosso imbuto, viene riempito di paglia e portato in processione per le vie del paese per reperire il vino che gli verrà versato in testa. Verso sera verrà un medico tenterà di salvargli la vita con un intervento chirurgico estraendogli le budella. Juvanne morirà e la sua morte decreterà la fine del Carnevale mamoiadino.

Maschera dei Mamuthones espressione del Carnevale di Mamoiada - realizzata da A. Congiu in legno d'ontano
Maschera dei Mamuthones realizzata da A. Congiu di Mamoiada – foto archivio personale

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Le maschere dei Mamuthones e degli Issohadores hanno numerose analogie con quelle dei paesi della Bulgaria e dell’isola di Skyros, in Grecia: l’abbigliamento lascia intuire la radice comune di antichi rituali dei paesi del Mediterraneo per propiziare pioggia e fertilità della terra. Nel Museo delle Maschere Mediterranee di Mamoiada troviamo una bella esposizione e un percorso multimediale che permette al visitatore di conoscere e apprezzare uno degli eventi più celebri del folklore sardo, che per gli abitanti di Mamoiada è una tradizione fatta di sacro e profano.

  • Museo delle Maschere di Mamoiada - le maschere del Mediterraneo
  • Il Museo delle Maschere di Mamoiada - le maschere del Mediterraneo
  • La Filonzana
  • Zvoncari Viskovon Croazia

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Gli antichi rispettavano la natura adattando la propria esistenza ai suoi cicli stagionali e propiziandola per renderla benevola. Questi riti arcaici sono l’espressione di un’umanità consapevole di essere ospite: rispettosa delle regole stabilite dal padrone di casa. L’uomo credendosi astuto, ha stravolto determinati equilibri sfruttando le risorse in maniera dissennata per scopi economici. Il risultato ha determinato conseguenze che pagheremo noi e le generazioni future.

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Carla Pisu

BIO Sono nata a Cagliari il 3 settembre del 1972. Vivo a Grosseto dal 2003, ma le mie radici sarde sono ancora robuste e attendono di essere ricollocate nel loro habitat naturale. Cucino, impasto, mangio, osservo, fotografo, leggo, scrivo, ballo. Il mio pregiudizio: quello verso il pregiudizio. Mi piace immaginare la diversità come una gabbia in cui rinchiudere chi non ha rispetto dei diritti altrui.

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