Mia Mamma
Ho un’immagine ben fissa in mente quando penso a mia madre, lei che canta I giardini di Marzo mentre lava i piatti, e la vedo con indosso un suo vestito nero, quello con le stampe dei tulipani rossi, quelli non ancora appassiti, come direbbe Battisti.
E sorrido quando penso a lei.
Sorrido per tutte le volte che l’ho fatta incazzare, per tutte le volte che ho mancato il momento giusto per dirle che le volevo bene, e per ogni volta che ho negato di somigliarle quando qualcuno me lo faceva notare.
Mia mamma è solo una donna, e come tale ha commesso i suoi errori, come facciamo tutti. Non credo sia una santa, non credo sia la migliore di tutte, ma è la mia mamma.
Questo può bastare?
Detto così forse no, non basta.
Ma a me basta eccome. So quanto ha combattuto per crescermi, quanto ha faticato quando le ho urlato il male che le volevo perché non mi ascoltava, so bene quanto sia stato difficile per lei essere mia mamma.
Perché il padre è solo un uomo, ricordate? E gli uomini son tanti, vai, scegline uno e impara. Una vecchia canzone diceva così.
Ma tutti noi, siamo solo figli.
Figli di donne che hanno costruito il nostro mondo e il nostro modo d’essere, e che hanno combattuto per darci la possibilità di venire su, grandi e forti. Così poi da proteggere un’altra donna, quella che non le starà mai abbastanza simpatica, ma un’altra donna proprio come lei.
Lei, che sorridendo ci farà esclamare davanti agli altri “quella è mia mamma”, la donna che da bambini ci baciava davanti a tutti e ci faceva vergognare, che ci dava la mano per attraversare e che ci sgridava se trattavamo male gli altri.
Una donna, come tante, si. Ma pur sempre la mamma.