Noi e l’Altro.
Questa mattina ho sostituito le ruote da neve, finalmente oserei dire se non fosse che il clima incoraggia più le caldarroste che i prendisole estivi.
Ad ogni modo, tornado verso casa mi sono ricordata di avere il frigorifero completamente vuoto e che per forza di cose sarei dovuta passare al supermercato.
Una volta parcheggiato ed aperto preventivamente il portafoglio, ho scoperto di avere non più di cinque euro in vari tagli di monetine.
Giustamente ho pensato: benzina, gommista, sigarette (direte voi evitassi di fumare non starei ferma in macchina a contare spicci caduti dietro il sedile… magari imparerò) è anche ovvio mai sia rimasto ben poco.
Insomma, vedevo uscire le farfalle dallo scomparto delle banconote, un pò come quanto apri un sacchetto di farina dopo mesi e mesi.
Data la poca voglia di cercare un bancomat ho deciso che mi sarei cibata con quello che potevo permettermi di comprare e proprio in quel momeonto, mentre attraversavo il parcheggio del supermercato, mi sono sentita salutare alle spalle.
Appoggiato ai carrelli c’era un ragazzo: “Buongiorno” ed un sorriso; io ricambio e proseguo verso l’ingresso.
È stato a quel punto che voltandomi l’ho visto, capo chino a toccarsi la fronte, crucciato.
Sarà stato appena maggiorenne, alto di un fisico slanciato con i capelli mori, ricci e degli occhi chiari accesi come lanterne.
Insomma, uno di quei ragazzi che col viso ripulito avrebbe potuto realizzare book fotografici molto più della metà delle finte modelle che vedo su Facebook.
Invece no.
Lui stava lì fuori a chiedere l’elemosina.
Ammetto di aver fatto sempre parte di chi cerca di frenare quello che ormai sembra un obbligo ad ogni parcheggio a pagamento, di pagare due volte: una il parchimetro e l’altra il marocchino.
Sì perché anche a me son capitati momenti di insulti calci ai cassonetti vicino a me e portiere rigate… e tra spavento e disgusto mi sono chiesta perché si debba essere costretti a questi teatrini in “casa nostra”.
Oggi invece no, oggi ho incrociato lo sguardo gentile di un giovane che chissà quali sventure ha passato per finire su quella strada.
Così, l’euro avanzato dalla spesa di quello che oggi sarà un pranzo un pò misero, uscendo sono andata a darglielo. Prima di tutto perché non me l’ha chiesto, e poi perché qualcosa mi ha fatto pensare fosse un gesto giusto così.
Quello che non mi aspettavo era la sua reazione: quasi sorpreso mi ha allungato la mano… e nel suo “grazie” ho sentito imbarazzo.
Avete presente quando volete dire qualcosa ma vi sentite nel torto e vi si rompe la voce?
Ecco. il grazie si è rotto mentre lo diceva e il capo è rimasto chino, il sorriso spento. E’ stato come se dovesse chiedere soldi per bisogno ma non volesse per amor proprio e rispetto di sé.
Di fronte ad un discorso come questo, che parla di un ragazzo normale che potrebbe essere stato il mio vicino di banco, postino, commesso, laureando comune, immagino che qualcuno abbia pensato “ ha fatto bene”, “ci sta”.
Solo una cosa ho scordato di dire: era un ragazzo di colore.
Per quanti l’ottica ora è cambiata?