
Bruno Pizzul, storico telecronista italiano, si è spento il 5 marzo 2025 a Gorizia all’età di 87 anni.
Voce iconica, di quando in campo si andava con i numeri dall’uno all’undici, i cambi erano due, poi tre, non c’erano commentatori tecnici a spigarci perché siamo al mondo e l’entusiasmo era giustamente moderato.
Per me Bruno Pizzul è stata la voce di USA ’94.

Chi era Bruno Pizzul?
Bruno Pizzul inizia la sua carriera come calciatore, ma ben presto deve smettere per via di un brutto infortunio al ginocchio.
Ne approfitta per proseguire gli studi e conseguire la laurea in Giurisprudenza. Grazie a questo titolo di studio partecipa e vince il concorso Rai per radio telecronisti aperto ai laureati del Friuli Venezia Giulia.
Comincia la sua carriera che lo porterà a essere la prima voce Rai per gli incontri della Nazionale italiana di calcio dal 1986 al 2002.
Io non credo esista una sola persona, nata prima del 1995, che non abbia mai sentito la voce di Pizzul.
Una voce che è riuscita a entrare nella cultura pop del nostro paese con quel suono così particolare, quel “Gol” detto con la “o” un po’ masticata e la “l” lunghissima.
Affiancandosi a quella di altri grandi miti come Nando Martellini e Niccolò Carosio e seguita dalla nuova generazione capitanata da Sandro Piccinini e Caressa. (Perdonate il conservatorismo o romanticismo, ma certi urlatori e guru delle nostre telecronache io li sopporto molto poco).
I mondiali di USA ’94
Come ho detto in apertura, Bruno Pizzul per me è stata la voce di Usa ’94.
Era un’estate strana quella del ’94, con i soldi delle mance per la prima comunione i miei genitori acquistarono un video registratore. A me del calcio interessava poco o nulla, ma le videocassette in casa erano per lo più di questo sport, qualcosa tipo i cinque goal più belli di Maradona.
Quando cominciarono i mondiali americani ricordo chiaramente la riunione di famiglia attorno al televisore, io che ero più emozionato dal poter videoregistrare quelle partite che dall’evento in sé.
Ma il calcio, si sa, è una bestia strana, ha quel potere di coinvolgerti anche se non vuoi. Così fu anche per me. Da semplice tecnico del videoregistratore, quell’estate mi trasformai nel primo tifoso della Nazionale di calcio.
Ricordo lo sgomento nella sostituzione del mio nuovo idolo Roberto Baggio contro la Norvegia, l’esultanza di mio cugino sulle scale perché eravamo passati come migliore terza.
Le emozioni mondiali
C’è una partita che più di tutte ha il suono della voce di Bruno Pizzul in quell’estate americana del ’94.
Parlo di Italia – Spagna.
Gli iberici non erano ancora quelli del tiki-taka “Guardioliano”, ma semplicemente una squadra di calcio senza una particolare tradizione. Noi avevamo il giocatore più forte del mondo, Baggio, e il blocco della squadra più forte del mondo all’epoca, il Milan. Insomma, eravamo uno squadrone contro una provincia dell’impero del calcio. O almeno, così era agli occhi del me bimbo di 9 anni.
La partita resta bloccata sul 1-1. Lo spettro dei supplementari, di nuovo dopo la sfida con la Nigeria, si fa sempre più vicino.
Sino a che in campo succede questo: “Berti, il lancio per Signori, Signori da quest’altra parte per Roberto Baggio, Roberto Baggio salta e segna e segna Roberto, segna Roberto Baggio al 42′ del secondo tempo… affranti a centrocampo sei giocatori spagnoli”. Senza esultanze eccessive, senza sbraitare. Passiamo con un goal allo scadere di Baggio, che resterà iconico per la sua capriola dopo un tiro in equilibrio precario. Scolpito nella memoria grazie alle parole di Pizzul.
Anche nella finale con il Brasile, quella che avrebbe potuto consacrare Baggio all’immortalità, regalarci il 4 mondiale, sull’ultimo rigore. Quando proprio Roberto calcia alto, il commento di Bruno Pizzul fu: “Alto. Il campionato del mondo è finito. Lo vince il Brasile ai calci di rigore”.
Composto, perfetto.
Bruno Pizzul, un telecronista misurato
Un carattere tipico e distintivo, quel senso della misura, la coscienza di entrare in casa degli italiani e di farlo con pacatezza ed eleganza.
Bruno Pizzul è stato forse l’ultimo telecronista che ha svolto il suo ruolo senza presunzione. La partita e il racconto venivano sempre prima. Mai un parola fuori posto.
A Pizzul è toccato l’infausto compito di raccontare anni di sconfitte della nostra Nazionale. USA ’94, ma anche la sciagurata finale al golden goal degli Europei del 2000 e la presa in giro degli ottavi di finale nel mondiale Nippo-Coreano del 2002, e quell’arbitro Moreno su cui ogni commento è superfluo.
Sicuramente la sua carriera avrebbe meritato il racconto di una vittoria, come quella del 2006. Però forse quella era già una nuova era, dove arrivarono i “proprio lui”, i nomi e cognomi allungati per annunciare i goal e altri vezzi tipici dei social.
Con Bruno Pizzul se ne va un pezzo di questo paese, quello che faceva della formalità non un protocollo di regole a cui sottostare, ma un semplice modo di vivere.
A me piace pensare che se oggi tante persone della mia età parlano e vivono di calcio è anche grazie a lui, Bruno Pizzul e alle sue telecronache dei mondiali di USA ’94.