Ninna Nanna di Palahniuk fa sembrare il Fight Club una specie di Piccole Donne
Ci sono delle mattine in cui apro gli occhi, guardo il soffitto e so che è troppo presto per fare qualunque cosa. La finestra filtra una luce grigiastra, melmosa, banalissima nelle mattine autunnali che si appiccica alle pareti della stanza e che, magnanima, mi propone come novità del giorno un umore stagnante di prima qualità, capace di resistere fino a sera. Ringrazio ma declino l’offerta. La colazione si compone di latte freddo, cacao amaro e una punta di cannella. Ho preso questa abitudine da poco e la porto avanti perché mi fa sentire molto naif. Ed anche perché, fondamentalmente, mi piace la cannella. Faccio uno zapping disperato in TV, tra televendite di dubbio gusto e vecchi film anni ’40.
Trasmettono “Il Grande Sonno“, ma il bianco e nero della pellicola mi entra nelle ossa, Humprey Bogart dallo schermo sembra implorarmi, con la sua mimica inconfondibile, di alzare il culo dal divano e uscire. Perciò decido che stamattina andrò a cercare un pò di colore. Sono solo le 06: 45 ma mi inventerò qualcosa.
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Maglione smesso, jeans e Chelsea boots. Prendo la macchina e inizio a peregrinare, fino a quando non arrivo in un punto della città talmente alto da riuscire a vedere qualche lampione ancora acceso spegnersi per lasciare spazio alla luce del sole. Allora mi viene voglia di leggere, e so di avere in borsa con me “Ninna Nanna” di Palahniuk. Perché nonostante sia già mattina, voglio essere cullata ancora per un pò da parole sapienti.
“E’ un paradosso però”, penso. Chuck Palahniuk è tutto fuorché calmante e rassicurante. Ma evidentemente qualcosa dentro me ha bisogno di essere scossa per andare a dormire stanca e felice. Così la accontento.
Questo libro è un vulcano, mi incendia le viscere e mi confonde.
Mi sento una bomba ad orologeria circondata da un silenzio assordante, foglie secche e una mistura di nebbiolina e fumo.
Leggo di un uomo e di una donna dalle rispettabili carriere, ma dalle menti contorte. Lui giornalista, lei un agente immobiliare. Lui con l’incarico di redigere un reportage sulle morti in culla. Lei una madre psicotica e abbandonata al suo dolore, che tenta di riportare il figlioletto morto in vita. Leggo di una Ninna Nanna del potere, un potere di vita e morte nelle mani degli esseri sbagliati; che la vita e la morte, eccezionalmente in questo caso, le controllano ma in verità non le possiedono, anche se di questo non sembrano curarsi più di tanto.
La “Ninna Nanna” è una scoperta di Carl Streator, il giornalista che nel suo macabro censimento può constatare la presenza del medesimo libro di fiabe accanto ad ognuna delle culle che si trova a visitare e la stessa filastrocca di morte che si ripete nell’ultima pagina. Questa nenia mortale diventerà col tempo un affare redditizio, in quanto ogni copia in cui sarà presente verrà distrutta per non permettere a nessuno di contrastare le manie di onnipotenza dei protagonisti, che ambiscono ad essere gli unici detentori del libricino maledetto. E in questa onnipotenza fittizia ci annegheranno come insetti in un barattolo:
- Nella vita c’è di peggio che trovare tua moglie e tua figlia morti. Per esempio vedere il mondo che li uccide. Tua moglie che invecchia e si stanca di te. I tuoi figli che fanno la conoscenza di tutto ciò da cui hai cercato di proteggerli. Droghe, divorzio, conformismo, malattie. Tutti quei bei libri, la musica, la televisione. Gli svaghi. Uccidere una persona a cui vuoi bene non è la peggiore cosa che le si può fare. Il più delle volte preferiamo che sia il mondo a farlo. E intanto leggiamo il giornale.
Ho riassunto la trama come farebbe una brava scolaretta. Non ho reso l’idea della forza selvaggia di questa opera, perché non ci riesco. Riconosco di avere un limite nei confronti del nichilismo estremo e fuorviante di Palahniuk. Ho come un vero e proprio deficit lessicale che non mi permette di spiegare cosa sento e provo quando mi scontro con la sua crudezza, lanciatami addosso come una secchiata d’acqua gelida. Leggo della parte peggiore di me, del resto degli uomini, e questo mi mette a disagio.
- Il vecchio George Orwell aveva capito tutto, ma al rovescio.Il Grande Fratello non ci osserva. Il Grande Fratello canta e balla. Tira fuori conigli dal cappello. Il Grande Fratello si dà da fare per tenere viva la tua attenzione in ogni singolo istante di veglia. Fa in modo che tu possa sempre distrarti. Che sia completamente assorbito.Fa in modo che la tua immaginazione avvizzisca. Finché non diventa utile quanto la tua appendice. Fa in modo di colmare la tua attenzione, sempre e comunque.Questo significa lasciarsi imboccare, ed è peggio che lasciarsi spiare. Nessuno deve più preoccuparsi di sapere che cosa gli passa per la testa, visto che a riempirtela in continuazione ci pensa già il mondo. Se tutti quanti ci ritroviamo con l’immaginazione atrofizzata, nessuno costituirà mai una minaccia per il mondo.
La Ninna Nanna di Palahniuk, la realtà mi inquieta.
Mentre prendo fiato da questo vortice di improbabili situazioni, penso a cosa hanno tra le mani Carl ed Helen: Il potere di vita e di morte. Sfoltire la massa superflua, ottenere un potere che farebbe gola al più puro degli uomini. Una forza istigatrice che spazzerebbe via la rettitudine di chiunque. Ma a che prezzo? Il prezzo è più morale che fisico. Una dannazione eterna dell’anima, sempre se di anima a questo punto si possa parlare. Un uomo può ergersi a giudice indiscusso di una verità nascosta e universale come quella che regola il corso della vita o della morte di qualcuno?
Mi fermo un istante, alzo gli occhi al cielo e ci penso anch’io. E mi dico che questo interrogativo è più grande di me. E’ più grande della vita stessa. Perché in fondo:
- Più la gente muore, più le cose restano uguali.
Così non rispondo. “Ninna Nanna” di Palahniuk mi fa pensare alle cose che nella vita non si fanno, non si pensano e non si dicono mai perché essere sinceri risulta più sconveniente che avere un decadimento psichico o emotivo. Mi fa pensare che sono stanca del politicamente corretto. Lui è così diretto da far quasi male, ma è per questo che percepisco il suo messaggio: Perché mi fa male, mi costringe a guardare lì, dove il dolore pulsa più forte.
Guardo ancora meglio, faccio attenzione a cosa succede sopra la mia testa. La nebbia è sparita, è spuntato un sole calmo che mi riscalda un poco. E sorrido. Mi sento piccola come un granello di polvere. In tutto questo trambusto di potere e megalomania, anche l’amore trova il suo posto. Si arrampica piano, come una mano che scivola su di una coscia scoperta, provocandole una leggera pelle d’oca appena percettibile. Si insinua nella mente, è un conforto momentaneo, forse. Ma pur sempre un conforto. Una mano tesa e afferrata. Un bacio che nasce.
-
Helen tende un braccio e dice: “Dammi la mano”.E io gliela do. E lei non mi lascia andare. E ci baciamo. Ed è bello.
Chiudo il libro, lo tengo stretto tra le mani. Ora mi sento felice e scossa a sufficienza. Sento le guance leggermente accaldate. Saranno rosee. Ho ritrovato il colore di questa giornata, posso tornare a casa mia adesso. Ed è bello.
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