Mi garba
Sai, c’è una sottile differenza tra ciò che mi piace e ciò che invece mi garba. Credo sia colpa del disuso in cui sta decadendo questo termine, garbare. Lo sentiamo sempre meno, vero?
Così delicato, come quei segreti che fatichiamo a confessare, simile ai sentimenti che non ci sentiamo pronti ad ammettere. Perché a piacere sono capaci tutti, garbarsi è diverso. Poi le diversità vanno mascherate, tutelate e difese a spada tratta, non trovi?
Allora mi garba starti a guardare mentre ridi in maniera sgarbata e non si direbbe mai che sei tutta centrata con la testa. Garbi al punto che si ha la voglia di ascoltarti parlare per ore, anche se sono le cinque di mattina, anche se non si è fatto festa.
Garbano, le tue labbra che si graffiano in mezzo alla mia barba. Le tue mani che timidi si fanno cercare, il sorriso che esplode dagli occhi e non vede dove va a finire. Incastrato dentro, in mezzo alle costole, morsi sul cuore, sopra il tuo sedere.
Il mondo mi spaventa tantissimo, cambia gusti come se i sentimenti fossero appoggiati su di un cono gelato. Non tutti hanno colore preferito, un maglioncino eterno che s’indossa anche se sbiadito. Troppa semplicità, non mi piace, non mi garba, non mi va. Capisci?
Voglio garbarti, al punto che se già è strano basterebbe prendersi per mano, senza pensarci troppo. Che se il mondo mi fa schifo basta che sorridi, allora me ne fotto.
Mi garbi, fino a quel punto. Quello che vado, non so se poi torno.
Che poi si fa l’amore, un po’ porno, un po’ strano, tipo unicorno.
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