Zia Mele è sempre stata una donna forte. Classe ’94 (del 1800), è nata a Verona e nella sua vita ne ha viste di tutti i colori.
La sua grande passione per i dolci, trasmessa da suo padre Domenico, l’ha resa famosissima in tutta Italia e, nel tempo, ha saputo far parlare di sé anche all’estero.
Forse non ci crederete ma è stata lei a brevettare il pandoro. Non so se per timidezza o eccessiva umiltà, non ne parla spesso. Per molti italiani, questa sua dolce invenzione è stata il simbolo delle feste di Natale in cui le famiglie riunite intorno alla tavola, dopo il cenone della vigilia e prima di aprire i regali sotto l’albero carico di palline colorati e luci pulsanti, terminavano il pasto con una soffice fetta di pandoro.
Negli ultimi anni, pare che zia Mele abbia subito una piccola crisi di mezz’età: ha deciso di iscriversi su Facebook e ha fatto nuovamente parlare di sé. Questa volta non in maniera positiva.
Ricordo bene che furono soprattutto due post a colpirmi e a farmi dubitare delle condizioni di salute della zia.
Il primo fu quando pubblicò un’immagine con un albero di Natale accompagnata dalla frase “La vita è come un albero di Natale: c’è sempre qualcuno che rompe le palle“.
Come era possibile che quella zia che negli anni era diventata uno dei simboli del Natale, era stata capace di pubblicare una stupidaggine del genere? Ci rimasi male. Davvero male. Forse perché da una signora della sua età e con il suo vissuto mi sarei aspettato molto di più.
Nel secondo imbarazzante episodio, oltre alla insensata leggerezza, aggiunse un pizzico di omofobia. Involontariamente, ne sono certo.
Con un’immagine, graficamente discutibile, in cui le mani di una coppia di persone sdraiate sul letto e coperte da un piumone tenevano due sue brioches, scriveva “Ama il prossimo tuo come te stesso… basta che sia figo e dell’altro sesso“. (Qui trovi i post incriminati)
Forse voleva far ridere, forse non aveva capito fino in fondo quel che faceva o forse si era fatta consigliare male da qualche pseudo guru del marketing. Non so ma questo post provocò reazioni tali in tutta Italia che di lì a poche ore fu costretta chiedere scusa pubblicamente.
Insomma, ha commesso degli errori. E i social rispondono a muso duro in questi casi. Lo sappiamo. E lo sa anche lei, adesso.
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Durante questi anni, zia Mele ha continuato a cucinare i suoi dolci.
Ha creato addirittura una edizione speciale del suo pandoro. Non credo abbia riscosso molto successo. Forse non ve la ricordate perché la confezione non aveva più i colori che la contraddistinguevano (il blu e l’oro) e l’unica cosa messa in risalto era la foto del suo cantante preferito: Valerio Scanu.
Purtroppo, forse anche a causa di queste vicende, adesso si trova in forte crisi economica.
I collaboratori, che l’aiutavano nella produzione dei suoi dolci e che da mesi non ricevevano stipendio, si sono affidati a quegli stessi strumenti che hanno contribuito a portarli al punto attuale: i social.
Con l’hashtag #noisiamomelegatti hanno chiesto di dare una mano alla zia. In passato, questa tecnica ha funzionato con nonno Rummo.
Recentemente, pare che la zia abbia ricevuto un prestito di un lontano parente maltese che, pur senza mettere in sicurezza il suo futuro, ha garantito almeno per quest’anno il pandoro “originale” sulle nostre tavole.
Dunque, questo sarà l’anno in cui si decideranno le sorti di zia Mele Gatti.
Il suo destino è nelle mani dei suoi nipoti: noi consumatori. Noi italiani.
Proprio come in una famiglia, dovremmo dimenticare gli errori di una zia un po’ troppo pasticciona, alle volte; e tenderle la mano adesso che è in difficoltà. Magari scegliendo il suo pandoro per questo Natale.
Saremo pronti a far pace e offrirle una seconda chance?
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