Divorzi a corte
“Amarsi è tanto bello, ma divorziare è meglio.”
Questa è l’unica spiegazione che ci si può dare dati alla mano.
Difatti il 2015 era stato decantato come l’anno che aveva visto più coppie unirsi nel sacro vincolo, ma nessuno forse aveva letto i dati ISTAT che spiegavano invece come fossero aumentati anche i divorzi brevi, ovvero le separazioni richieste tra i 6 e i 12 mesi dalla data del matrimonio, ben 82.469.
Sono solo numeri, nulla più.
L’amore cos’è infondo, se non una combinazione di agenti chimici e farfalle nelle stomaco che ci portano a ritrovarci legati sentimentalmente a qualcuno?
Perché sposarsi sembrava essere tornato di moda, così se non ci va di stare più insieme che problema c’è? Ci possiamo sempre ripensare.
Quello che bisognerebbe chiedersi ancora prima di divorziare, ma bensì di unirsi è: voglio stare con questa persona? Vorrò averci poi dei figli? Sono consapevole che sto dicendo davanti a tutti che starà accanto a lei per il resto dei miei giorni?
Alla fine il divorzio è la semplice soluzione a qualcosa che si è sbagliato a fare, un buon modo per rimediare, per tornare indietro ma senza fare passi avanti.
O meglio, qualche passo avanti l’abbiamo fatto, giustappunto oggi, con il si della Cassazione alla nuova normativa sul mantenimento del coniuge una volta cessato il matrimonio.
La manovra è stata rinominato come “parametro di spettanza”, quindi si andrà a verificare, sulla base della reale necessità del coniuge che richiede il divorzio, quanto spetti realmente al richiedente per il proprio mantenimento o per quello dei propri figli.
Da un lato si può dire che è una piccola vittoria per l’amore vissuto come sentimento, una piccola tutela e un invito a pensarci bene.
Dall’altra, mio caro Fedez, se il matrimonio con la Ferragni aveva altri intenti… Beh, t’hanno fregato!