Ormai è ufficiale: i giochi olimpici asiatici (quindi non quelli globali) ospiteranno gli eSport tra le varie discipline competitive.
Nel 2022 in Cina, precisamente a Hangzhou, la storia dei videogiochi compirà un nuovo balzo in avanti, o indietro a seconda dei punti di vista, che darà un nuovo impulso di cambiamento alla percezione che si ha nei confronti del nostro media preferito.
L’idea che le Olimpiadi dovessero ospitare anche competizioni videoludiche gira nell’aria da diversi anni, e ormai siamo veramente prossimi a un cambiamento storico epocale.
Ma ha senso mettere nello stesso calderone i 100 m ad ostacoli con la competizione per il turno successivo di LOL (esempio a caso)?
Appena ho saputo la notizia, mi sono scoperto estremamente scettico e contrariato. Col passare dei giorni ho avuto modo di rifletterci un po’ meglio maturando posizioni contrastanti.
Uno sport è in prima battuta un’attività fisica, coadiuvata da una costante e disciplinata preparazione mentale. Al contrario giocare ai videogiochi, non richiede generalmente uno sforzo fisico eclatante, a meno che non vi siano sessioni di gioco longeve o partite con strumenti di input alternativi (come il Wii Mote o Kinenct).
Dunque a primo acchito pare che il videogiocatore e l’atleta sportivo non si trovino nello stesso insieme di appartenenza.
D’altronde basterebbe provare a giocare in prima persona una partita di calcio a FIFA e una al parco con gli amici per palesare differenze sin troppo evidenti.
Sebbene le attività abbiano in comune le medesime regole, le due esperienze e le conseguenze psicofisiche che generano sui partecipanti sono sostanzialmente differenti: in una prevale un coinvolgimento fisico e diretto, mentre quando si gioca a FIFA abbiamo un’esperienza mediata da una macchina e un uso parziale del nostro sistema motorio, in quanto è richiesta principalmente una buona coordinazione del trittico occhio-mente-mano. Non si tratta in sostanza di uno sport.
Tuttavia non bisogna essere dei pozzi di scienza per allargare di qualche grado le nostre vedute e accorgersi che in realtà da molti anni sono presenti alle Olimpiadi diverse discipline (come il tiro con l’arco, la carabina, il curling…) che notoriamente non richiedono un grande sforzo fisico, anzi probabilmente il giocatore di LOL si stanca di più di un arciere dopo diverse ore di gioco, eppure sono riconosciuti come sport.
Una piccola considerazione che mi ha portato a compiere diversi passi indietro, fino al punto di chiedermi cosa sia effettivamente un sport, e quali sono gli attributi da possedere per poter far parte della confraternita delle discipline olimpiche.
È il comitato olimpico che stabiliste quale sport aggregare alla manifestazione e i requisiti fondamentali sono che si tratti di un’attività fisica normata da regole ben definite e che sia praticata largamente su scala mondiale, anche se a volte vengono annessi degli sport con scopo di divulgazione.
Detto questo, se il tiro con l’arco è considerato a tutti gli effetti uno sport da olimpiadi, allora possono esserlo anche alcuni eSport per le svariate caratteristiche che hanno in comune.
Il videogioco è un media flessibile, che è stato doverosamente (anche se non all’unanimità) riconosciuto come forma d’arte, e grazie alla sua natura malleabile il video-giocare potrebbe essere considerato anche un’attività sportiva a tutti gli effetti.
Infatti, come tutti gli sportivi, anche i giocatori più bravi per raggiungere risultati ragguardevoli devono dedicare molte ore ed energie in allenamenti (i team più forti si allenano anche per 14 ore al giorno!) per sviluppare abilità e strategie per poter quindi competere nei tornei ufficiali. Per non parlare dello studio meticoloso che è necessario eseguire su level design, caratteristiche dei personaggi giocati e tutte le migliaia di combinazioni possibili che vengono analizzate per poter prendere le decisioni opportune nel minor tempo in ogni tipo di situazione e scenario.
Ha senso sminuire una tale dedizione solo perché incentrata su un videogioco?
Il tempo è la passione impiegati dagli altri sportivi hanno un valore diverso?
A questo punto le strade sono due: o rimaneggiare il concetto stesso di sport, e quindi anche il diritto di alcune discipline storiche di far parte delle Olimpiadi, oppure ammettere che il video-giocare ad alti livelli sia uno (e)Sport.
Ma c’è una domanda che mi pongo tuttora: tra le magliaia di titoli disponibili, quali giochi verrebbero scelti per le gare olimpiche? di quale genere? con quale criterio? Avrebbe senso ideare un gioco esclusivamente per questa competizione? Oppure proporre delle sfide su più videogiochi per misurare il giocatore più bravo in generale? Su quale piattaforma dovrebbero essere disputati?
Ovviamente la risposta più accreditata riguarda tutti quei titoli su cui da anni vengono strutturati diversi tornei mondiali, accessibili potenzialmente da chiunque e molto diffusi…
Ma perché bisognerebbe scegliere un Dota piuttosto che LOL? Quale FPS sarebbe il più adeguato? Ha senso escludere i race game?…
Ecco dunque che sorgono problematiche che generano anche ripercussioni economiche notevoli: quale software house non vorrebbe avere il proprio gioco alle Olimpiadi? Provate ad immaginare l’impatto mediatico che una cosa del genere possa scaturire…
Che le Olimpiadi siano un business non è un mistero, ma l’impressione è che si stia cercando di ficcargli i videogame a tutti i costi per allargare ancora di più il flusso delle entrate attirando l’interesse di tutta quella fetta di popolazione che non si è mai interessata agli sport ma che proverebbe piacere nel vedere questo tipo di competizioni.
Parliamo infatti di un giro di affari milionario in continua espansione (basti pensare che i giocatori professionisti guadagnano anche 1 MILIONE di dollari in un anno!), e quando entrano in gioco così tanti soldi, qualsiasi preconcetto, ideale o presa di posizioni può andare a farsi benedire…
In conclusione, sebbene quello che dovrebbe realmente prevalere sia il famoso spirito Olimpico caratterizzato da una sana e leale competizione agonistica, trovo che tale manifestazione debba conservare una propria identità puramente sportiva, mentre potrebbe essere più opportuno dedicare agli eSport un evento parallelo, di non minore importanza, ma che rispetti la dignità di entrambi i mondi e non priverebbe a nessuno di incassare i tanto agognati guadagni.