Fuori dal coro
Vi ricordate le recite scolastiche che ci facevano fare da bambini?
Io ne ricordo una in particolare, quella di quarta elementare, io e Davide facevamo i pastori, era la recita di Natale. Ci facevano cantare le canzoni sulle slitte e i doni portati da Babbo Natale.
Io e Davide stavamo a destra, non dovevamo cantare però, la maestra ci aveva detto di fare solo finta, di muovere le labbra ma assolutamente di non cantare. Perché eravamo già diventati grandicelli e la nostra voce era cambiata, due campane erano più intonate di noi, per farla breve.
Così tutti hanno cantato la canzone di Natale, tutti tranne noi.
Ricordo che arrivato a casa mi misi anche a piangere, e Davide mi confessò d’aver fatto la stessa cosa, forse me lo disse solo per starmi più vicino, ma non mi sentii così strano grazie a lui.
Ma poi, due bambini cosa ne sanno di cosa significhi davvero essere una voce fuori dal coro?
Me lo chiedo perché questo mondo ti porta costantemente a sentirti stonato, perché vedo gente muovere solamente le labbra senza dire nulla, perché tutti hanno voglia di cantare ed io invece molte volte preferisco stare in silenzio, nel mio silenzio che dice molto più di loro.
Di voci fuori dal coro ad oggi sembra essercene tante, tutti che sembrano diversamente unici, perché crescendo ci hanno detto che quelli stonati sono più cool.
Quindi dobbiamo stare attenti, cercare di capire quale voce sia meglio ascoltare in mezzo a questo continuo urlare che ci circonda. Dobbiamo riuscire a sentire in tutto questo casino la voce che c’è dentro di noi, quella che nei sogni di un bambino arrivava a fargli credere che i regali li portasse un uomo dalla barba bianca che si cala dal camino (che in Italia quasi nessuno ce l’ha il camino, ce ne rendiamo conto?)
Che poi, per dirla tutta, qualche anno dopo mi hanno detto che Babbo Natale non esisteva. Allora perché cazzo me l’hanno fatta cantare quella canzone?