Scattare foto e improvvisarsi fotografi provetti (spesso con l’aiuto di qualche app miracolosa o del buon vecchio Photoshop) è ormai diventato un trend. Ma siete sicuri di aver carpito a dovere tutti i segreti della raffinata arte della fotografia?
Per indicarvi la giusta via, abbiamo intervistato uno dei fotografi più noti e richiesti di Torino, Enrico Scarsi, che da oltre vent’anni collabora con agenzie pubblicitarie, case editrici, studi fotografici e aziende.
Innanzitutto, cosa ti ha spinto a diventare fotografo?
Quando ero ragazzo la fotografia era un hobby serio. Sono stati la famiglia e gli amici a trasmettermi questa passione. Solo che il fatto di andare in giro e scattare foto a livello amatoriale, per puro piacere personale, non mi dava la giusta soddisfazione. Dato che ero abbastanza bravo, decisi di frequentare dei corsi e cercai il modo di trasformare questa mia passione in una professione. Il mio primo impiego lo trovai presso una casa editrice di modeste dimensioni, che mi pagava solo con rimborsi spese; ma grazie a questo impiego mi si aprirono le porte della fotografia professionale.
Qual è il segreto per scattare una bella foto?
Ah ecco! [ride.] Direi che il segreto per scattare delle belle foto è fare in modo che siano semplici. Una fotografia dovrebbe avere due elementi imprescindibili, un soggetto e uno sfondo. Solo in questo modo la foto “racconta una storia”. Quando manca uno dei due, non si può parlare di bella fotografia. Una foto di un panorama mozzafiato, che molti possono ritenere bella, in realtà non lo è: è semplicemente una foto di un bel posto.
Quali sono i fotografi che più stimi?
La fotografia oggi è molto commerciale e non ci sono fotografi che riescano a emergere, come accadeva in passato. Non ho fotografi preferiti, ma mi piacciono molto le fotografie di alcune epoche, soprattutto quelle degli anni precedenti la seconda guerra mondiale e degli anni Sessanta. A quei tempi le foto avevano stile, perché le persone stesse avevano stile. Sia nell’abbigliamento che nell’atteggiamento.
Il passaggio al digitale cosa ha significato?
Penso che il cambiamento drastico della fotografia sia avvenuto ancora prima del passaggio al digitale, negli anni Sessanta/Settanta, quando si è passati al formato 24-36. In questo modo la fotografia è diventata a portata di tutti. Le macchine fotografiche hanno iniziato a essere molto più semplici ed economiche. Da quel momento la fotografia è diventata un fenomeno di massa e ha iniziato perdere qualità. Il passaggio al digitale ha peggiorato ulteriormente le cose, più che altro perché la gente non ne capisce le reali potenzialità. Poter scattare foto all’infinito, senza la preoccupazione di finire la pellicola, può essere una grande opportunità; ma la maggior parte della gente scatta foto a caso, ritoccandole e ritagliandole in tutti i modi possibili, senza dare loro la giusta importanza.
Che cosa rende fotogenici? Si nasce o è possibile diventarlo?
Sono fotogeniche le persone a cui piace farsi fotografare. Una persona può essere più o meno bella, ma quando prova piacere nel farsi fotografare, nell’esibirsi, in fotografia viene molto bene. Per esempio vengono molto bene gli attori, non perché siano necessariamente “belli”, ma perché sono molto espressivi e abituati a stare sotto i riflettori. Una ragazza può essere molto bella e non essere fotogenica, poi magari viene anche bene in fotografia perché ha dei tratti perfetti, ma sono fotografie fredde. Quindi è una cosa che ha molto a che fare con l’interiorità di una persona, piuttosto che con l’esteriorità.
Quali sono i tuoi soggetti preferiti?
Senza dubbio le persone. Fare fotografie di oggetti o di eventi è pura tecnica. Ma con le persone è sempre diverso, è uno scambio reciproco.
Quanto è difficile al giorno d’oggi affermarsi come fotografi?
È sempre più difficile, in particolare in Italia. In altri Paesi la fotografia è tutt’oggi considerata un’arte, e a un fotografo viene riconosciuta la sua professionalità. In Italia la professionalità non è pagata, viene sottovalutata, viene chiesto di lavorare gratis in cambio di “visibilità” e cose del genere. Per un ragazzo giovane che vuole iniziare, riuscire a farsi pagare per il suo lavoro è molto complicato. Puoi assecondare le richieste per un po’, ma non diventerà mai una vera professione. Il fatto è che non bisognerebbe mai accettare di lavorare gratis, invece c’è sempre qualcuno che lo fa, rendendo in questo modo difficile cambiare la situazione.
Quale pensi che possa essere l’evoluzione futura della fotografia?
In futuro la fotografia sarà sempre più “mordi e fuggi”, fatta col telefonino e di qualità sempre più bassa. Si toglierà sempre più spazio alle macchine fotografiche, che diventeranno man mano più evolute ma utilizzate solo dai professionisti o dagli appassionati.
Hai dei consigli per venire bene in foto?
Se le foto vengono fatte con lo smartphone il problema è che le ottiche sono grandangolari e non sono adatte ai primi piani, quindi bisognerebbe scattare le foto a una certa distanza dal viso, perché altrimenti i lineamenti si deformano moltissimo. Per fare un bel ritratto normalmente si utilizzano dei medi teleobiettivi, che rendono il viso naturale, anzi tendono a comprimere un po’ i piani; gli smartphone fanno l’opposto.
Le immagini fotografiche stanno diventando sempre più importanti, specialmente in ambito commerciale. Quale pensi sia il motivo?
Perché la gente non legge. Se in un manifesto ci sono anche solo quattro righe di testo da leggere la gente non lo fa. Un’immagine, invece, è immediata, attrae subito l’attenzione. Per quello Instagram funziona e molte aziende lavorano con Instagram. E oltretutto l’immagine riesce ad abbattere le barriere culturali, perlomeno le barriere esistenti tra culture più o meno omogenee. Per contro, doversi inventare una frase accattivante, che tutti possano capire e interiorizzare, è già più complicato.
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