
A mordere le nuvole
Sto qui disteso sul pavimento, freddo che mi entra dentro.
Disteso a mordere le nuvole.
Le vedo disegnate sul soffitto, le sposto.
Cose futili che mi fanno perdere tempo.
Che sta storia del tempo che si va perdendo mi fa male allo stomaco.
Mi da proprio noia.
Allora lo vado smarrendo.
Sdraiato su un prato che mi punge la schiena.
Mi trafigge, fa il solletico.
Siamo quel tipo di dolore lì, noi.
Soffriamo sorridendo.
Non ce ne accorgiamo nemmeno e ci ritroviamo morendo.
A mordere le nuvole, dentro un tramonto che si vuole fingere alba.
Chiara, come la tua pelle rimasta coperta dal costume.
Piena, la tua schiena che fa fatica a scrocchiare.
E ti struggi come fanno le nuvole piene di tuoni.
Rabbia che diventa lacrime.
Questa è la democrazia dei sentimenti, alternanza di solitudini che si mescolano al prossimo.
Prossimo che diventa passato, latte già versato.
E stai lì, biscotto ormai spezzato.
Stai fermo a correre da un impegno all’altro, affannato.
Poi ti guardo, manca il fiato.
Meno disperso.
C’è un raggio di sole, mi divide l’umore terso.
Allora divento cellule in collisione.
Lassù, stravolto dal vento.
Aquilone.
Punto il cemento.
Vieni qui, a mordere le nuvole.
Riempiamoci la pancia di forme nuove.
Bianco nel blue, che inventano colore.
Mordimi, mangiati il mio cuore.
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