Alba livida
Sei la mia alba livida.
Che segna la pelle, la tinge di viola.
Non subito, prima c’è quel dolore sottile. Quello che ti fa quasi il solletico.
Sembra addirittura piacevole.
Che se il viola l’han finito si rivela verdastra.
Meno estetica, hai ragione.
Intensa, l’alba livida arriva dall’insicurezza dell’aria che si è trasformata in tristezza.
Tinge di bianco e nero il paesaggio, non lo riesci più a vedere.
Agli occhi pieni di lacrime e nessuno le può asciugare.
È simili alla pace che vorrei, chiusa negli occhi tuoi.
Solo che tu continui a dormire ed io allora non riesco più a vedere.
Dove inciampano fragili i nostri sogni, franano tra le costole e non mi fanno respirare.
Lì, dove scorci di ricordi si mescolano al presente.
E rincorri momenti, spigoli che marcano la carne, come onde finiscono per sbattere contro il tempo che verrà.
Ti senti annegare.
Perché le onde coprono quegli occhi e quando li riapri non c’è più niente da vedere.
Appannato, il finestrino lato passeggero.
Disorientato, il cuore lato destro.
Mescolato, ogni colore andato perso.
L’alba livida di chi si sveglia al mattino e non si ricorda perché è andato a dormire.
Che ci hanno raccontato desideri.
E noi altri li abbiamo presi come veri.
Talmente pigri, non ci siamo neanche impegnati per renderli autentici.
Li abbiamo copiati dai film americani.
Dalle canzoni Indie Rock.
Io le ho trascritte sul mio viso, carezze rubate alle tue mani.
Ti dedico ogni alba livida, ogni risveglio e ogni tramonto.
Ti regalo ogni pensiero felice, ogni dubbio sul mio volto.
Con il sorriso di chi ci arriva dopo, perché prima non te n’eri accorto.
Hai già messo mi piace a TheGiornale?
