Sentivo che prima o dopo sarebbe successo anche a me. In quei giorni mi arrivavano notizie di casi di Covid-19 sempre più vicini. Ci risiamo, lo avevo alle calcagna. Stavamo entrando nella terza ondata, l’avevo scampata fino ad allora, ma non questa volta.
Erano giorni che mi sentivo stanca, davo la colpa alla mia solita allergia primaverile, ma questa volta era diverso.
I miei primi sintomi del Covid-19
E’ mercoledì sera sto cenando a casa mia con Luca, un mio amico. Mentre mangiamo inizio a sentirmi spossata. Ho i brividi e la testa pesante. Qualcosa non va ed ho paura di sapere cos’è.
Non so come spiegarlo, ma lo sento. In molti mi hanno raccontato di aver provato la stessa sensazione. Se ce l’hai, lo sai.
Misuro la febbre. Sono anni che non mi viene. Il termometro segna 38. Panico.
Nella mia testa passano tantissime cose. Le persone con cui ho avuto contatti. I miei genitori. Ho sempre fatto attenzione con loro, ma è un anno che siamo in questa condizione, magari mi sono distratta. Mi sento come un’appestata che nei giorni precedenti potrebbe aver fatto una strage senza volerlo.
Ed io? Come reagirà il mio corpo? Sarò tra quelli che lo prendono in forma leggera? O finirò in ospedale con un casco in testa? Sono claustrofobica io. E odio gli ospedali.
In preda all’ansia inizio a farneticare, il mio tono è scherzoso, ma in fondo ho davvero un po’ paura: “come facciamo? Te ne devi andare.”, “rimarrò da sola. E se sto male?”, “te lo dico, non voglio andare in ospedale, qualsiasi cosa succeda lasciatemi qui.” Il mio respiro è affannato ed ho male al petto, non capisco. E’ ansia? O questo maledetto Covid-19?
Luca mi calma “stai tranquilla, magari non è quello. In più sei giovane non ti succederà nulla.” “Si certo”, penso, “con la fortuna che ho.”
Mi tranquillizzo. Il respiro torna normale, era solo ansia.
Caccio Luca di casa per evitare altre tragedie, ma avendo avuto contatti, forse il danno è già fatto. Magari è uno di quei leggendari asintomatici, di cui sento parlare tutti i giorni. Sono infidi loro, ma non lo sanno. Portatori silenziosi di questo maledetto virus, che da un anno a questa parte ha sconvolto le nostre vite. Oppure sono io l’untrice, colpevole di aver incubato il Covid-19 e averglielo attaccato senza accorgermene.
Chiudo la porta e rimango sola con le mie paure. Quella brutta sensazione dura qualche minuto. Io, ansiosa per eccellenza, sono tranquilla. Come mai? La risposta è un po’ triste.
Mi sono abituata. Sono ormai preparata a stare tanto tempo senza contatti, chiusa nella mia casa. Ho già provato quel senso di smarrimento e paura, che dopo la notizia del primo lockdown mi aveva accompagnata per giorni. E’ così, ci abituiamo a tutto, anche alle cose più spaventose.
Prendo una tachipirina. La febbre si abbassa, ma mi impedisce comunque di fare e pensare a qualsiasi cosa. Decido così di andare a dormire.
Il primo giorno da positiva al Covid-19
La notte è stata un incubo. Mi sveglio in un bagno di sudore e come se un tir mi sia passato addosso, più e più volte, non contento della prima. Provo a muovermi, ho male a tutte le ossa. Decido di rimanere a letto e senza accorgermene mi riaddormento.
Mi risveglio, sto peggio di prima. Forza Giulia ce la puoi fare, devi avvertire il tuo medico. Prendo il telefono, la testa mi fa talmente male che la luce del mio Iphone sembra un faro nella notte.
Successivamente i miei occhi si abituano alla luce, scrivo una mail al mio medico. Mentre aspetto la chiamata, mi riaddormento.
Una tra le mille cose che temo, è quella di dover affrontare ore di coda in preda ai deliri della febbre, per fare il maledetto tampone. Racconti di odissee e pellegrinaggi alla ricerca di qualcuno che potesse testare la tua positività al Covid-19, mi avevano traumatizzata.
Forse a distanza di un anno qualcosa è migliorato. Il mio medico mi ha chiamata per andare da lui il giorno stesso, per fare un tampone rapido. Non ne avevo mai fatto uno. Mi stavo cagando addosso. “Fa male” mi avevano detto. “Molto bene” pensavo.
Un po’ di fastidio l’ho provato, è tutt’altro che piacevole. E indovinate un po’? Sono positiva. Nulla di strano, me l’aspettavo.
I giorni successivi
I primi giorni sono perennemente uno straccio, dormo, mangio, dormo, mi metto sul divano e torno a dormire. Ho dolori in tutto il corpo e fatico a restare sveglia più di qualche ora. I miei progetti di leggere alcuni libri lasciati in sospeso, o di riprendere a suonare la pianola comprata nel primo lockdown, vanno in fumo.
Faccio un giro sui social per vedere qualche faccia. Scorro l’homepage di Instagram e scopro che anche Elettra Lamborghini ha il covid-19. E’ a casa e si sta annoiando. Siamo tutti uguali di fronte a questo virus.
Nei giorni si alternano alla mia porta mio padre, mia madre, mio fratello e una mia amica. La scena si ripete, apro la porta, loro mi salutano a distanza con la mascherina. Io ne metto due, sono infetta, chissà che danni potrei causare. Mi lasciano davanti alla porta un sacchetto con viveri di ogni genere. Sono grata di averli nella mia vita, il momento è di una dolcezza infinita. Li sento così vicini, eppure non posso toccarli.
Green marketing: 5 aziende a cui ispirarsi
Il saturimetro: cos’è?
Una delle prime cose che mio babbo mi ha portato, è stato il saturimetro. Se non lo avete in casa, compratelo, in questi casi è davvero utile. Mi ha aiutato ed essere più tranquilla, ma soprattutto ha tranquillizzato mio padre. E’ un aggeggio in cui si infila in un dito e che controlla la saturazione dell’ossigeno, se il display indica dai 94 in su, sei in una botte di ferro.
Decido di provarlo. Per farlo mi hanno spiegato che devo stare ben seduta sulla sedia e appoggiare la mano in cui ho il saturimetro, sul tavolo. L’attesa è carica di ansia, se sbaglio numero sono spacciata. In un attimo mi sento una concorrente di ‘Ok il prezzo è giusto’.
Cento, cento, cento. Ti prego fai che sia cento.
98. Sono salva.
Il miglioramento
La febbre passa, finalmente. Mi sento bene, ho di nuovo energia, forse troppa. Decido di fare tutto quello che non avevo fatto nei giorni precedenti. Leggo un libro, mi esercito con la pianola, faccio qualche videochiamata e pulisco tutta la casa da cima a fondo. Sono carica, vorrei uscire. Mi metto sul balcone, al sole, con la musica nelle cuffie e mi immaginano in qualche festa sulla spiaggia. Ho un deja-vù. Esattamente un anno fa ero nella stessa condizione, obbligata in casa, ma piena di speranza. Quella condizione non sarebbe durata per sempre.
Invece eccomi qua al punto di partenza. Tornerò mai ad una festa in spiaggia? O sarò costretta a vivere di ricordi? Avrò ancora voglia di stare in mezzo a tanta gente? o quest’anno così strano mi avrà reso una sociopatica?
Fermo ogni pensiero, qualcosa di buono in questo mare di merda l’ho imparato. Sarò forte, non mi farò prendere dallo sconforto. Non sono sola, ci siamo tutti in questo mare di merda. “Ce la faremo!” urlava un uomo dal suo balcone. Alzo la musica e continuo ad immaginare.
La ricaduta
Il mio benessere e la mia carica, durano appena un giorno, purtroppo. L’indomani un’emicrania fortissima mi debilita completamente. Soffro spesso di emicrania, ma giuro che così forte non l’ho mai avuta.
E’ strano il Covid-19, è come se prendesse i tuoi soliti acciacchi e li moltiplicasse nella loro intensità. Mi rendo conto che nei giorni precedenti i miei dolori si concentravano sul piede, che ho rotto mesi fa e sulla schiena. Ho sempre mal di schiena.
Quel virus infido e bastardo, stava infierendo sui miei punti deboli, si divertiva a punzecchiarmi lì dove soffro di più. Mi ha anche illusa di avermi lasciata in pace, e invece è ricomparso il giorno dopo, ancora più incazzato. Caro Covid-19, che sei stronzo già lo sai, mi hai rinchiusa in casa per un anno ed ora vuoi torturarmi per bene. Grazie mille.
Perdita di gusto e olfatto
Ogni giorno compilo un questionario sul mio stato di salute, e se mi dimentico di farlo, l’Asl di Torino prontamente me lo ricorda. Oggi mi sono ricordata e dopo aver segnalato alcuni sintomi, l’Asl di Torino mi ha chiamata per saperne di più. Cavoli neanche mia madre è così apprensiva. Mi rincuora pensare che forse ad oggi sono meglio organizzati.
I sintomi più famosi sono certamente la perdita di olfatto e gusto. Ogni giorno ficco il naso nel barattolino del Vicks per testare il mio olfatto. In effetti si sta alterando. Ho una malsana curiosità verso questa cosa, come ci si sente a non sentire niente? Forse voglio saperlo.
Il giorno dopo lo scopro, ficco nuovamente il naso nel barattolino del Vicks. Niente. Un odore così forte che dovrebbe dilatare le mie narici, non ha alcun effetto su di me. Che brutta sensazione, forse preferivo non provarla.
Mi va un po’ meglio con il gusto, lo perdo a tratti e non del tutto. Ma mangiare senza olfatto è davvero strano e poco soddisfacente. Eppure non perdo l’appetito, quello mai. Qualche momento di nausea non è bastato a fermare la mia fame. So di persone che hanno perso peso. Io no, neanche questa gioia.
Il giorno del tampone
L’emicrania non si placa, ma l’antidolorifico mi permette di vivere dignitosamente i giorni successivi. Sono chiusa in casa da sola da 10 giorni ormai, ma oggi ho il tampone molecolare, magari tra poco tornerò libera. Se così non fosse dovrò aspettare altri 10 giorni, e lì sono certa mi ritroverò a tirare le testate contro il muro.
Hai già messo mi piace a TheGiornale?
Eppure uscire mi spaventa, forse quella sociopatia di cui parlavo prima, sta arrivando davvero. Mi sento colpevole come un’assassina, ho l’ansia di incontrare qualcuno sulle scale e di creare danni irreparabili. Mi sento sporca, dentro di me c’è il Covid-bastardo, che ha rovinato le nostre vite.
Il giorno dopo, entro ripetutamente nella pagina di Salute Piemonte, lì troverò il risultato del mio tampone. Sono nervosa, chissà quanto ci vorrà.
Poco. Davanti a me compare l’esito. E’ scritto in verde, sono negativa, sono libera!
Esco subito fuori a fare la spesa, sono elettrizzata, ma ancora provata. Fare le scale con quell’enfasi mi ha fatto rendere conto di quanto sia ancora debole. Il Covid-19 ti schiaffeggia, e anche se passa, ti lascia un po’ ammaccato.
Il mio entusiasmo nel giro di una mezz’oretta sfiorisce. Sono libera, ma la mia regione è appena passata in zona rossa. E questa la chiami libertà?
Ottimo il tuo articolo personale. Dettagliato e sciolto nella spiegazione. Mi piace
Brava Giulia, il tuo racconto trasmette tutta la sofferenza, fisica ed emotiva, che questo virus ha portato nella nostra esistenza!