TheGiornale è giovane, perché online da poche settimane oltre che per la composizione della sua redazione: è in virtù di questo aspetto – oggi tanto assodato quanto necessario – che vuole rivolgere uno sguardo al mondo esterno (ed estero), in particolare alle condizioni di persone – connazionali – i cui valori e storie di cui si fanno portatori rappresentano i capostipiti delle società di oggi e del futuro.
Questo articolo parla di Gabriele Del Grande, il trentacinquenne blogger, giornalista e regista italiano arrestato insieme a 150 altri giornalisti per essersi trovato al confine con la Siria, una zona interdetta ai giornalisti. Da giorni non si conoscevano le sue condizioni ma oggi, dopo «giorni di protesta», è arrivata una telefonata alla compagna in cui Gabriele ha denunciato la negazione dei propri diritti ad opera delle forze di polizia turche. Chissà se nei prossimi giorni, dopo il referendum del 16 aprile potrà ancora farsi valere il diritto alla libertà dell’uomo, della sua opinione e della stampa ed essere ordinato il rilascio.
Da qui, anche se è pur vero che la storia si è fatta con le monarchie, la pace, invece, è stata fatta con le repubbliche, e in lunghi anni di Trattati. Pensando alle monarchie, togliamo le semplici ‘rappresentanze’ della tradizione, e guardiamo invece ai governi assoluti, alle dittature e totalitarismi che oggi minacciano il futuro della Turchia. Se, come dice l’Ocse (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), le schede elettorali sono davvero state vittime di broglio, la direzione della politica interna è intuibile: poteri assoluti e unici in Erdogan, che vanno dalla nomina dei ministri, all’abolizione del primo ministro alla proposta per la reintroduzione della pena di morte.
Allora, come stanno testimoniando i media dell’Unione Europa – nonostante le fratture nazionalistiche interne che in queste settimane si fanno sentire prevalentemente in Francia – l’esperienza di Gabriele, nella sua tragicità, è preziosa rappresentando (anch’essa) un servizio all’occidente al fine di raccontare la realtà del sultanato turco: magari i suoi libri avranno un incremento di vendita e, nel peggiore dei casi, la stampa italiana si mangerà le mani per non aver voluto finanziare il progetto prossimo per la scrittura de «Il partigiano mi disse» (arrivato a 47 mila euro facendo crowfunding su Produzioni dal Basso), un libro sulla guerra in Siria e la nascita dell’Isis, raccontato attraverso le storie di individui comuni, in una forma personale e autentica. Anche lui, un TheGiornalista.