Siamo una società di stressati, di esasperati e questo oramai è un dato di fatto. Ma come mai? Per quali motivi? Quali sono le ragioni da ricondurre a questo malessere? Io vi posso porgere la mia chiave di lettura della situazione.
Ecco le 5 cose che mi fanno indignare del genere umano:
Il genere umano è una macchina architettata perfettamente, dagli ingranaggi minuziosi e così impercettibilmente precisi ma qualche volta, dal mio personale punto di vista, si perde in un bicchier d’acqua. Sono convinta che in questa parentesi di vita che ci è concessa ci si preoccupi troppo di cose che ad una più approfondita analisi, risultano futili.
Ed ecco, le 5 cose che mi fanno indignare del genere umano. Tutte quelle pratiche che se alleggerite, se depotenziate potrebbero farci vivere meglio, persino pensate, senza repentini esaurimenti nervosi.
1 – La produttività portata allo stremo
Sono consapevole che bisogna produrre, per alimentare la macchina in continuo e inarrestabile movimento dell’economia del mercato e per permetterci dunque di condurre le nostre quotidiane abitudini, ma questa smania di essere produttivi, questa megalomane ricerca ossessiva e compulsiva del guadagno, il guadagno oltre ogni limite ci porta da qualche parte? Certo, oggi si raggiunge quel record e domani ce ne sarà un altro, e poi un altro ancora, fino a finire senza nemmeno che ce ne accorgiamo, alla fine dei nostri giorni, con un bagaglio di effimeri record raggiunti, innumerevoli soddisfazioni ottenute.. Ma abbiamo vissuto? Abbiamo assaporato veramente la Vita con la V maiuscola? Abbiamo provato emozioni? Le abbiamo regalate? Siamo stati felici?
Poco tempo fa mi è capitato di leggere un illuminante articolo del Fatto quotidiano il cui soggetto protagonista era José Pepe Mujica, presidente dell’Uruguay, conosciuto al mondo come il presidente povero. Nel video correlato all’articolo il Presidente parla alla conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, il suo discorso è così rivoluzionario, così anticonformista, così fuori dagli schemi che mette i brividi.
Egli ci pone dei quesiti e ci fa riflettere sullo sviluppo dell’uomo. Pone l’accento sull’importanza della vita, ci sottolinea che è così corta e che bisogna viverla a pieno, spremendone ogni singolo secondo.
Ecco alcuni passi salienti:
“Non possiamo continuare ad essere governati dal mercato, dobbiamo governarlo noi”
“non veniamo alla vita per svilupparci in caratteri generici, veniamo al mondo con il proposito di essere felici”.
2 – La ricerca esasperata della perfezione
Ogni qualvolta che mi guardo intorno noto, scorgo, negli altri esseri umani un bisogno impellente: essere perfetti.
Anch’io stessa qualche volta sono preda di questo maledetto morbo. Ma riflettiamoci; ci accresce essere perfetti? Che poi la perfezione in senso stretto, non esiste, ognuno ha la sua personale visione della perfezione, proprio come ognuno ha la sua personale visione della bellezza.
Essere perfetti poi per cosa? Per il giudizio degli altri, credo. Ma tutto questo ci fa vivere male, ci fa diventare degli ansiosi cronici. Perché mai dunque dovremmo accanirci ad attuare questo comportamento controproducente? Per la perfezione, utopia così lontana che mai raggiungeremo? Perché la perfezione induce all’accettazione, alla considerazione sociale, e noi vogliamo essere accettati, considerati, anche i sociopatici lo vogliono, viviamo di questo, è il nostro nettare vitale.
Ma perché mai passare per questa strada così ardua? Non sarebbe meglio considerare la via della gentilezza, della solidarietà? Non sarebbe anche meno faticoso?
3 – l’accanirsi nel portare maschere
Pirandello in una delle sue più note novelle “la carriola” descriveva la vita di un avvocato e professore di diritto come una serie di azioni consolidate che lui svolgeva ogni giorno quotidianamente, serbando dentro un grande vuoto e una serie di rimpianti. La maschera che per l’appunto quest’uomo indossava era quella dell’avvocato e professore di diritto.
La sua vera personalità non la scopriva mai, non la mostrava mai. Fin quando a casa, l’unica sua valvola di sfogo era trascinare la cagnetta come fosse una carriola.
Un po’ folle vero? Però autentico.
Quante persone possiamo dire di conoscere in maniera autentica così profonda senza maschere? Poche, pochissime.
Perché la nostra società vuole le maschere, le richiede. E noi da bravi esecutori diamo quello che la società vuole, mostriamo quello che gli altri vogliono vedere. Ma il nostro vero Io, il calderone ardente dell’Es chi lo conosce? Forse nemmeno gli amici stretti, e credetemi questa è una grande perdita. Non c’è cosa più interessante, più arricchente che conoscere la follia del nostro vicino.
4 – il cannibalismo della competizione
Ormai questo è il morbo che ci assale, che ci perseguita. Dobbiamo essere meglio degli altri. Nessuno ci può battere, perché così di conseguenza ci sentiremo realizzati. Andremo a casa, finito il lavoro, così pieni, fieri e soddisfatti. Ma questo momento durerà ben poco, subito dopo l’euforia della conquista cederà il passo ad un vuoto incolmabile.
Abbiamo vinto si, e poi? Cosa abbiamo fatto di costruttivo nel mentre? Nulla.
Non ci rendiamo conto ma il “cancro” della competizione ci porterà in un giorno non molto lontano a mangiarci gli uni e gli altri, e quando non ci sarà più nessuno da mangiare, che faremo? Ci mangeremo la coda.
5 – individualismo come religione
Sentiamo continuamente parlare di quel tale fantastico, di quel ragazzo prodigio, di quella ragazza Einstein. Tutto questo ci induce a pensare che il singolo debba emergere. Così passiamo la nostra vita impegnati nel raggiungere quest’obiettivo, e se non ci riusciamo? Cadiamo in depressione, perché la società ci considera dei falliti.
Sono convinta però che quel tale per arrivare a quel livello di grandezza, per arrivare a quel successo abbia avuto degli ottimi “bracci destri”, un ottimo team. E allora dove risiede quest’individualismo? È tutta un’illusione.
Quest’articolo non ha prettamente un taglio ironico, anzi proprio per niente. Lo definirei tragi-comico.
Ci fa riflettere sul degrado alla quale siamo arrivati, che non molto tardi ci porterà a fondo.
Quindi, vivete a pieno, mangiate bene, non siate mai banali, cercate la vera essenza delle cose, viaggiate all’infinito, amate in maniera passionale e folle, scegliete il lavoro che fa per voi, non quello che vi fa guadagnare di più. E se non amate quello attuale cercatene un altro.
Come ha detto il critico d’arte Vittorio Sgarbi (che può piacere o meno ma è innegabile che sia un uomo di grande cultura) in un’intervista: “non accettate qualsiasi lavoro, avete la fortuna di essere disoccupati, coltivatela”
Se vi avesse appassionato il discorso di José Pepe Mujica, nell’articolo del fatto quotidiano troverete il video integrale http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/07/jose-pepe-mujica-presidente-delluruguay-mito/462971/
Se invece volete sapere cosa ne pensa il nostro scrittore di casa Rab sulle maschere indossate dal genere umano andate a godervi la sua Buona notte.