
Il Natale è poesia. Vi ricordate quando eravate piccoli? Allora sì che l’attesa faceva battere il cuore e l’impazienza era incontenibile. In queste righe vi propongo 5 poesie di Natale per rivivere le emozioni che pervadono i nostri animi. Fin da bambini impariamo a recitarle a memoria, poi da grandi le accantoniamo.

Quali sono le 5 poesie di Natale da rileggere?
Alda Merini, Umberto Saba, Gianni Rodari, Madre Teresa di Calcutta, Rab sono gli autori che ho scelto per voi. Il mio è un invito a meditare sul significato del Natale, con la certezza che ognuno di noi colga il messaggio che l’autore ci riserva.

- 1. Buon Natale – Alda Merini
Alda Merini ci invita a coltivare la solidarietà, la condivisione e l’amore verso il prossimo. Con l’augurio che bambini e grandi possano esaudire le loro aspettative.
A Natale non si fanno cattivi
pensieri ma chi è solo
lo vorrebbe saltare
questo giorno.A tutti loro auguro di
vivere un Natale
in compagnia.Un pensiero lo rivolgo a
tutti quelli che soffrono
per una malattia.
A coloro auguro un
Natale di speranza e di letizia.Ma quelli che in questo giorno
hanno un posto privilegiato
nel mio cuore
sono i piccoli mocciosi
che vedono il Natale
attraverso le confezioni dei regali.Agli adulti auguro di esaudire
tutte le loro aspettative.
Per i bambini poveri
che non vivono nel paese dei balocchi
auguro che il Natale
porti una famiglia che li adotti
per farli uscire dalla loro condizione
fatta di miseria e disperazione.A tutti voi
auguro un Natale con pochi regali
ma con tutti gli ideali realizzati.

- 2. Nella notte di Natale – Umberto Saba
Umberto Saba ci dice di tenere sempre accesa la fiammella della speranza. L’amore e la serenità scandiscono i battiti del cuore creando sensazioni positive.
Io scrivo nella mia dolce stanzetta,
d’una candela al tenue chiarore,
ed una forza indomita d’amore
muove la stanca mano che si affretta.
Come debole e dolce il suon dell’ore!
Forse il bene invocato oggi m’aspetta.
Una serenità quasi perfetta
calma i battiti ardenti del mio cuore.
Notte fredda e stellata di Natale,
sai tu dirmi la fonte onde zampilla.
Improvvisa la mia speranza buona?
È forse il sogno di Gesù che brilla
nell’anima dolente ed immortale
del giovane che ama, che perdona?

- 3. Il pianeta degli alberi di Natale – Gianni Rodari
Il messaggio di Gianni Rodari è che tutti sono responsabili del benessere dei bambini. Tutti i bambini hanno il diritto di essere felici e di stare bene perché sono il futuro del nostro pianeta.
Dove sono i bambini che non hanno
l’albero di Natale
con la neve d’argento, i lumini
e i frutti di cioccolata?
Presto, presto adunata, si va
sul Pianeta degli alberi di Natale,
io so dove sta. Che strano, beato Pianeta…Qui è Natale ogni giorno.
Ma guardatevi attorno:
gli alberi della foresta,
illuminati a festa,
sono carichi di doni.
Crescono sulle siepi i panettoni,
i platani del viale
sono platani di Natale.
Perfino l’ortica,
non punge mica,
ma tiene su ogni foglia
un campanello d’argento
che si dondola al vento.In piazza c’è il mercato dei balocchi.
Un mercato coi fiocchi,
ad ogni banco lasceresti gli occhi.
E non si paga niente, tutto gratis.
Osservi, scegli, prendi e te ne vai.
Anzi, anzi, il padrone
ti fa l’inchino e dice: “Grazie assai,
torni ancora domani, per favore:
per me sarà un onore…”Che belle le vetrine senza vetri!
Senza vetri, s’intende,
così ciascuno prende
quello che più gli piace: e non si passa
mica alla cassa, perché
la cassa non c’è. Un bel Pianeta davvero
anche se qualcuno insiste
a dire che non esiste…Ebbene, se non esiste, esisterà:
che differenza fa?

- 4. È Natale – Madre Teresa di Calcutta
Madre Teesa ci dice che è sempre Natale se scuotiamo le coscienze e pratichiamo la carità verso chi ha bisogno.
È Natale ogni volta
che sorridi a un fratello
e gli tendi la mano.
È Natale ogni volta
che rimani in silenzio
per ascoltare l’altro.
È Natale ogni volta
che non accetti quei principi
che relegano gli oppressi
ai margini della società.
È Natale ogni volta
che speri con quelli che disperano
nella povertà fisica e spirituale.
È Natale ogni volta
che riconosci con umiltà
i tuoi limiti e la tua debolezza.
È Natale ogni volta
che permetti al Signore
di rinascere per donarlo agli altri.

- 5. La cena di Natale – Rab
Non potevamo non citare il nostro Rab, che ogni domenica ci regala la sua Buonanotte. La sua poesia La cena di Natale pare una cornice cinematografica in cui si alternano scene conviviali familiari, un po’ come guardare un film di Ferzan Özpetek. Fin dai primi versi il lettore ne rimane affascinato. Un invito a togliere maschere e ipocrisie per indossare i panni e la semplicità di un fanciullo e gioire della felicità altrui.
A me la cena di Natale non è mai piaciuta, manco da piccolo. Perché stasera posso stare sveglio fino a tardi e ieri no? Non capisco mica.
Ero già un rompi coglioni da bambino, e la cosa con gli anni è solo andata a peggiorare.
I posti a tavola, con i grandi da una parte ed i piccini dall’altra. Nel centro di questa sconfinata fila di piatti l’ambita terra di mezzo. Quella conquistata a fatica dai cugini che potevano iniziare ad avere il secondo bicchiere, destinato al vino, fino a scendere ed arrivare a noi altri, i piccoli che non avevano ancora avuto accesso alla posata del rispetto, il coltello.
Accanto a me ci stava sempre Letizia, da sempre, alla destra del padre. Sì, perché per una strana convinzione ho sempre creduto d’essere un mezzo JeSopra figlio di Nessuno. Letizia ha due particolarità, rutta fortissimo (anche a comando) e ride, ride senza sapersi controllare e fa un baccano imbarazzante.
Ho ricordi confusi, sempre in case diverse, per questo forse per me la cena di Natale non è mai stata casa, mai stata famiglia.
Anche perché le feste non sono mica uguali per tutti, non sono come ve le vogliono raccontare o come le descrivete voi stessi, voi che siete addobbatori di successo e possessori di maglioni abitati da renne sporgenti.
Tipo i figli di genitori separati, con le cene di Natale divise a metà, spezzate dalla chiamata del genitore lontano, gli auguri che ti spaccano la serata e ti fanno sembrare buono anche il panettone con canditi (si, a me fa letteralmente cacare quell’impasto che sa di cartone, come fate a mangiarlo? Io boh).
Ci sono i ritorni a casa, quelli che accompagnano ogni festa, con papà che ha litigato con mamma, con lo zio e che con la nonna, quelle dove un bicchiere di troppo è il regalo migliore, ci sono le urla e il finestrino talmente freddo da farti entrare nel cranio le luci del lampione.
Ci sono le cene di quando sei adolescente, e tutti i regali ti fanno schifo. Il regalo migliore è il contante, che si trasformerà in una canna al parchetto con gli amici o in un pacchetto di sigarette da tenere nascosto nello zaino, nelle casse dello stereo o nel borsone di calcio.
Poi sta roba non passa, ve lo posso assicurare.
Le famiglie grandi si dividono, s’allargano ancora di più, tavolate anche più lunghe e tu ti giri dal lato di quelli che non hanno il coltello e vorresti fare a cambio, stare seduto lì in mezzo, non capire un cazzo di niente.
Senti tua zia che si lamenta del diciottesimo compagno che ha cambiato negli ultimi dieci anni, da quando si è separata da tuo zio.
Ti chiedono il lavoro come va, la laurea, la fidanzata, se ancora pensi d’essere speciale.
Ci sta tuo zio, quello che sono trent’anni che fa ambo al primo numero e t’ha devastato la vita in qualità di matematico con la sua gag che non ha mai fatto ridere nessuno, quello che ad ogni numero estratto deve dire il significato nella tombola napoletana. Ma noi non avevamo origini calabresi? Bah…
Non passa, a tratti peggiora, ma sei cresciuto e ci provi.
Lo fai perché capisci che ogni giorno in più con tua mamma è il regalo più bello del mondo.
Perché tua nipote adesso ha undici anni ma finge di credere ancora che tu sia JeSopra.
Lo fai perché la cena di Natale ti ha sempre reso come le luci dell’albero, intermittente.
Imparando a regalare un sorriso anche in una serata che non per tutti è bella, anzi, è solo un insieme di ricordi che vorresti mettere in una scatola e farci un fiocco, uno di quei regali che non faresti neanche al tuo peggior nemico.
La cena di Natale è quel bicchiere di vino in più, quello che ti fa ridere da solo quando sei tu che gridi AMBO alla cinquina e tuo zio ti guarda male. Quando tua sorella t’abbraccia anche se non vuoi che lo faccia, quando fai le chiamate su WhatsApp con le persone lontane, magari con quel papà che ha addirittura imparato ad usare il telefono e ti dice che il boomer sei tu.
Che poi me lo sono sempre chiesto, perché adesso che sono grande non posso andare a dormire presto la notte di Natale?
Sai cosa mi piace del Natale? Una cosa c’è, una sola però.
Mi piace vedere che voi altri siete felici, e questo mi fa sorridere anche senza quel bicchiere di vino, questo è il mio regalo di Natale

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Come mai la poesia diventa una “compagna di vita”?
La poesia in ogni momento, sia allegro che triste, è una forza che irrompe nelle nostre anime e che ci trasporta cullandoci con i suoi versi. Come il canto di una sirena, ci ammalia, seduce e cattura. Talvolta si prende cura di noi e lenisce le ferite invisibili, quelle che solo gli animi gentili sanno curare con delicatezza.