
Mi manchi
Mi manchi, alle 2 di notte mentre ti scrivo poesie che poi non rileggerai.
Con gli occhi pieni di lacrime, anche se tu piangere non sai.
Quando te ne stai lì, con la mani piene di rabbia che si muovo su un pianoforte fatto di lettere.
Parole che si confondono al sale che scende, che s’incastrano nella barba e si metteno lì, a pizzicare le guance.
Mi manca vedere la tua mascella, così tirata subito dopo aver finto un sorriso.
Sempre così bravo, a fare quella roba lì, mostrarti felice.
Mi manchi, nei tuoi momenti di tristezza.
Quella pura.
Quella che agli altri fa più paura.
Quando correvi fino a perdere i sensi.
Per poi accenderti una sigaretta e tossire fuori dai polmoni questa vita.
Come se fosse un premio per la fatica.
Da tenere stretta tra due dita.
Sul frigorifero, foto sbiadita.
Mi manchi, nell’ora più buia di giorno, ti vedo nascosto tra le mie costole.
Pungere il diaframma. Spostarmi le ossa.
Nel letto, colmare gli spazi.
Tra le righe.
Mani che s’intrecciano.
Mi manca vederti sorridere per strada, innamorarti ad ogni angolo.
Vedere che ti fai male battendo il cuore contro qualche spigolo.
Mi manchi, di più.
Con la testa tra le mani.
Con il cuore che va in fiamme.
Con la lingua tra le gambe.
Mi manca camminare senza tenere in mano il telefono. Perdermi nella metro.
Scendere a quella dopo, tornare indietro.
Scordarmi il nome, di una canzone, delle persone che ho amato, di uno sconosciuto.
Che di botto, ti senti così: appassito.
Dimmi, dove andavi di bello?
Come stai ora che tutto ti va bene? Va tutto bene? Quando t’incazzi ti si gonfiano ancora le vene?
E dimmi, sorridi ancora per le battute stupide? Le tua mani sono ancora fredde o sono diventate tiepide?
Che strano, sentire dentro che mi manchi così tanto.
Te che sono io, che a malapena mi vedo, che è già un miracolo se riesco a guardarmi, riflesso allo specchio e restarmi accanto.
Allora sto qui, fino alle 3 di notte e ti scrivo una lettera d’amore, una di quelle dove i pensieri fanno la guerra e poi finiscono abbracciati per terra.
Sul pavimento freddo ci guardiamo negli occhi, scoppiamo a ridere perché ci viene da piangere.
Facciamo che ti scrivo posti nuovi, li disegno a parole, te li faccio di ogni colore.
Ci nascondo in qualche verso i sogni che ti servono per salvarti da ogni dolore, ti va?
Così se tra qualche anno ci dovessimo rincontrare, potrò dirti che continui a mancare.
E passeremo ancora la notte a cercare il nostro nome su Google.
A cancellarci l’anima.
E passeremo la notte a mancarci sempre di meno.
Fino ad avere qualche anno di più.
Per arrivare a perderci nel cielo, quello che la sera diventa rosa e si dimentica che è stato pensato per essere blue.
Allora perdona queste mie parole. Dimentica tutto quello che ti ho detto. Perché non è vero che mi manchi.
Non è vero che le scrivo per te, ste poesie sono solo mie.
Ora me le riprendo, perché te le avevo solamente prestate.
Ti lascio la mia voce, perché tanto non so cantare.
Ti lascio qui, incastrato in un foglio bianco.
Ma tu dimentica anche questo.
Non è vero che non è vero che non mi manchi.
Mi manchi, come si sente un filo senza aquilone.
Così.
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