
Ho capito dopo
Ho capito dopo, sai?
L’amore che mi hai dato. Non che prima non fosse chiaro, anzi.
Solo che ero immaturo, come le banane quando verdi, quelle che piacciono tanto a me. Un po’ acide, un po’ indietro, un po’ come sono io.
Sempre in ritardo, per andare a scuola. Con il grembiule già sgualcito, appena messo addosso. Con il diario che era pieno di note e la maestra che ti voleva parlare tutte le sere. L’ho capito dopo.
Quanto hai faticato per farmi venire su, quasi dritto, come il mio fagiolo di Tiger che ora va un po’ storto e cerca qualcosa a cui aggrapparsi. Sei sempre stata tu, l’appiglio giusto, l’appoggio che non mi sarebbe mai mancato.
Ho capito dopo, che dei tuoi baci non dovevo averne vergogna e che anni dopo sarebbero diventati sempre meno. Che sta barba punge, ti da fastidio ma la si bacia lo stesso. I tuoi baci sulla fronte, prima di dormire, quelli che t’aggiustano i sogni.
I baci sulle ginocchia, mezze sbucciate. Così un attimo dopo potevo tornare a correre dietro a nuovi gradini sui quali inciampare.
E tu me l’hai sempre detto, che la mamma è sempre la mamma. Sorridere.
Ti ricordi quanto abbiamo riso quella volta che in vacanza abbiamo perso il treno?
Che siamo stati così sfortunati, noi due.
Ti ricordi quanto abbiamo pianto quella volta che abbiamo capito davvero di essere così sfortunati?
Ma poi abbiamo sorriso, piangendo, sorridere lo stesso.
Così ho capito dopo, spero di aver fatto in tempo. Ho capito che non potevo chiedere di meglio.
Avere i tuoi occhi, capaci di vedere il mondo come fai tu.
Ereditare i tuoi silenzi, imparare a capire chi ha bisogno di essere ascoltato, anche il vento.
Sapermi arrabbiare, come fai tu, rimanendo tranquillo mentre attorno il mondo implode. Testarda.
Spero di aver capito, anche se tu mi dirai che non ho capito un cazzo, che di pasta ancora ne devo mangiare, che devo ancora crescere.
Tu. Che ti ho capita dopo.
Mamma.
