26 Marzo 2025 20:03
La Cerreta Terme - TheGiornale

La Cerreta terme: un luogo ancestrale da scoprire. Un’oasi verde in cui è immersa una struttura ricettiva, comprensiva di un affascinante complesso termale e di un’azienda biodinamica. Ho avuto il piacere di rivolgere alcune domande a Mattia Mazzanti, uno dei proprietari. Oltre a raccontarmi la storia di questa realtà toscana, mi ha parlato di vini, pratiche enologiche e filosofia biodinamica.

La Cerreta Terme: un luogo ancestrale
Uno scorcio del complesso termale del podere La Cerreta (Fonte: Lacerretaterme.it)

La Cerreta Terme è un luogo ancestrale. Qual è la sua storia?

«Nel 1986 avevo sei anni. Un giorno d’estate accompagnai mio padre e mio nonno in località Sassetta, nel livornese, a portare le api sui castagni. La zona non è lontana da Castagneto Carducci. Passammo davanti ad un podere diroccato, ombreggiato da un fico maestoso. Prima di ripartire, effettuammo una sosta mangiando alcuni fichi e contemplando il panorama: un’oasi verde si apriva intorno. Una settimana dopo, un amico ci informò che quel rudere apparteneva ad una azienda locale fallita. Abbandonato da almeno trenta anni, il complesso era stato messo all’asta. I miei genitori, un apicoltore e una vigilessa figli di operai, si rimboccarono le maniche e comprarono.

La mia famiglia intraprese un progetto di agricoltura biologica, considerata avanguardistica per l’epoca. Furono piantati ceci e farro. Contattammo un noto marchio biologico per distribuire i prodotti ma ricevemmo un’offerta irrisoria. Così, la mia famiglia ritenne di investire su un’azienda biologica che distribuisse internamente il prodotto, accogliendo i clienti e curando la propria filiera. Il progetto si ampliò e l’azienda aprì le porte. Cominciarono i lavori che portarono – a inizio anni Novanta – all’inaugurazione dell’agriturismo, con le prime quattro storiche camere, i primi cavalli e le prime mucche».


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A quando risalgono i vigneti dell’azienda?

La Cerreta Terme: un luogo ancestrale
La Cerreta Terme si estende tra boschi e colline (Fonte: Hotelmix)

«Quando la mia famiglia rilevò l’azienda, era presente un vigneto abbandonato. Oltre al proliferare delle querce, dei rovi e della vegetazione selvatica, nel tempo erano saltati tutti i porta innesti e i vitigni si erano inselvatichiti. Rimanevano alcune piante di Sangiovese e Colorino. Per quanto giovane, alla prima esperienza enologica, tentai di ripristinarlo. Il progetto di restauro fallì perché il vigneto era ormai irrecuperabile.

Il piede della vite – la parte americana installata contro la fillossera di metà Novecento – con il tempo era prevalso sull’innesto europeo. Quando il vitigno versa in stato di incuria, la componente americana della pianta – inadatta alla produzione del vino – prevale sull’innesto. Il vigneto originario venne espiantato e divenne un pascolo. Nel 1998 vennero messi a dimora quattro ettari di vigna. Decisi di valorizzare le varietà vitivinicole tradizionali della zona, in particolare il Sangiovese».

Qual è il valore della viticoltura biodinamica per un luogo ancestrale come La Cerreta terme?

La Cerreta Terme: un luogo ancestrale
Uno dei vigneti di Mattia (Fonte: La Cerreta)

«Ci sono almeno tre differenti forme di agricoltura; quella tradizionale, che spreme il terreno impoverendo la sostanza organica con robusti interventi chimici; quella biologica, che mantiene e conserva il tasso di fertilità presente; quella biodinamica, che arricchisce il terreno incrementando la sostanza organica. Ogni terreno conta su una riserva di suddetta sostanza, la quale racchiude la vitalità del suolo sotto forma di microflore, microfaune e batteri.

Queste sostanze possono essere pensate come collagene del terreno. Oltre a garantire la salute e la crescita della vegetazione, alleviano lo stress idrico nei periodi di siccità agendo come una banca dell’acqua. La sostanza organica è elettro positiva; le argille del terreno sono elettro negative. Nel terreno si legano e compongono il complesso argillo-unico, che funziona come una spugna in grado di trattenere l’acqua piovana. Il bagaglio organico è sinonimo di bio-ricchezza.

Gran parte dei terreni si sta impoverendo anche a causa dell’agricoltura insostenibile. Nei manuali agronomici di inizio Novecento, il minimo di sostanza organica prevista per un buon terreno ammontava al 3%; negli anni Novanta, è sceso all’1%; oggi, allo 0,5%. Posso dimostrare con dati oggettivi che l’agricoltura biodinamica arricchisce il terreno. Partito da un tasso di sostanza organica dello 0,8%, con questa filosofia e il conseguente metodo ho raggiunto la soglia del 3,5%, quintuplicando il dato iniziale.

Quando la sostanza organica è oltre il 3%, si incontrano numerosi benefici. Il suolo si arricchisce nonostante la produzione aumenti. Si dovrebbe investire nella ricerca per studiare meglio i meccanismi di arricchimento della terra. Troppo spesso, nel paradigma attuale, si persiste nel concentrarsi sulle quantità di potassio o azoto mancanti, come se il terreno non fosse un sistema vivente equilibrato da numerosi altri fattori».

Che rapporto intercorre tra l’uomo e la terra nella tua visione?

«Terroir è un concetto chiave incompreso che definisce il rapporto dell’uomo con la terra. Il mio punto di vista è di lavorare il più possibile nel vigneto, instaurando un rapporto diretto con le piante. Più si lavora in vigna, meno si lavora in cantina. Tutto sorge dalla terra e torna alla terra. In cantina deve arrivare l’uva migliore, colta da piante in salute su un terreno sano. Credo che le correzioni successive dovrebbero costituire l’eccezione, non la regola. Lavorare adeguatamente la terra può scongiurare interventi drastici in un secondo momento.

Per me, il vino è un prodotto da accompagnare, non da costruire. Un autore a me caro è R. Steiner, secondo cui è necessario osservare i fenomeni nella vigna, vivere il terreno, stare in compagnia delle piante. Non basta spruzzare il Cinquecento o il pecorato – come fosse una pozione magica – per essere biodinamici; altrimenti basterebbe mettere un po’ di lievito nell’asfalto per sfornare pagnotte“.

Nonostante la siccità i vigneti quest’anno erano rigogliosi grazie al bagaglio di sostanza organica. L’agronomia deve essere rispettosa. Lo stress delle piante e del terreno finisce direttamente nel prodotto. Un po’ di stress serve ma equilibrato. Nelle annate peggiori, La Cerreta è uscita con un terzo della produzione, circa seimila bottiglie a fronte delle ventimila possibili in condizioni ideali. Quando nel 2014 ci sono state due settimane di pioggia ininterrotta, con l’uva già matura, l’offerta enologica è stata adeguata alla stagione, senza comprare mosto o uva esternamente. I nostri clienti sanno che per onestà il sangiovese in purezza e i vini di punta escono solo quando l’annata lo consente».

Quali dei tuoi vini raccontano meglio un luogo ancestrale come la Cerreta Terme?

La Cerreta Terme: un luogo ancestrale
Vini di La Cerreta (Fonte: Marco Bechi)

Il Matis

«Matis è il primo vino che abbiamo prodotto alla Cerreta. Si tratta di un vermentino biodinamico, vendemmiato per la prima volta nel 2002, a me dedicato. Mia madre Vilma – artista pregevole appassionata – è l’autrice delle etichette. Matis è il nome con cui venivo chiamato fin da bambino; più precisamente “grande Matis”, essendo sempre stato un sognatore, con la testa tra le nuvole. Nell’etichetta compare la luna, con la scritta Matis che scende dall’astro verso il vigneto. L’argento ricorda il manto conferito alle colline dalla luce lunare. La M agganciandosi alla luna forma la lettera G (di Grande Matis). Poi, ci sono le stelle che raffigurano la costellazione del Cancro, il mio segno zodiacale. La discesa dalla luna verso le colline rappresenta la trasformazione impressa ai miei sogni, trasformati in realtà e portati sulla Terra».

Il Rio de’ Messi

«Il Rio de’ Messi è un vino rosso ricavato da uve Cabernet Sauvignon e Merlot, dalle note marascate e dalla struttura complessa. Il nome è dedicato al fiumiciattolo che lambisce l’azienda. Nella raffigurazione di mia madre, il Rio attraversa diagonalmente l’etichetta, dividendola in due; da una parte è disegnato il sole, dall’altra le ninfe fluviali. Inclinando la bottiglia, il fiume assume la forma del profilo di mio fratello. Simbolicamente, la famiglia Mazzanti ha tradotto e interpretato il Rio de’ Messi come Rio de’ messaggi, come tramite tra le forze del sole e delle acque. I fiumi – e più in generale le acque – sono fin da sempre assimilate a portali tra le diverse dimensioni del vivente, ma anche all’attività onirica, al trasporto e all’attività messaggera».

Il Solatio della Cerreta

«Il Solatio è un rosso piacevole ottenuto da una base di Sangiovese, arricchita da una piccola percentuale di tutti gli altri vitigni di rosso dell’azienda. Questo vino è dedicato al nome del luogo, in particolare al colle originariamente destinato alla viticoltura. Gli anziani locali dicevano che la vigna più esposta al Solatio, produceva il miglior vino di Pian delle Vigne. Confrontandomi con i vecchi della zona – depositari della saggezza locale – ho piantato il Sangiovese e i vitigni più autoctoni. In un certo senso, il Solatio riassume l’azienda e i suoi vigneti. Per questo, l’etichetta raffigura proprio le foglie del Cerro».

Lo Spargivento

«Lo Spargivento è un rosso ricavato da vitigni autoctoni come Barsaglina, Colorino e Foglia tonda; vanta una struttura interessante e sprigiona il profumo del mirtillo. Cronologicamente, è l’ultimo arrivato. L’etichetta racconta le origini della azienda. Protagoniste dell’illustrazione sono le api, alle quali si deve il nostro insediamento qui. Sulla bottiglia dello Spargivento è disegnata un’ape che al posto delle ali ha due foglie del cerro, da cui La Cerreta. Se non fosse stato per le api portate su questi castagni, oggi non saremmo qui».


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Quali sono i riferimenti filosofici e metodologici per un luogo ancestrale come La Cerreta terme?

Steiner e la biodinamica
Rudolph Steiner, autore caro ai cultori della biodinamica (Fonte: Scuola Steiner di Varese)

«Secondo il calendario biodinamico, per ogni fase del processo enologico ci sono date prescritte dal movimento dei pianeti. I trigoni sono le configurazioni utili assunte dai pianeti sulla ruota dello Zodiaco. La viticoltura biodinamica si riappropria dell’osservazione delle fasi lunari e degli astri. Inoltre, c’è una sensibilità alchemica: si lavora sul sottile delle forze, sulle interazioni tra cielo e terra. 

L’autore di riferimento è R. Steiner, brillante antroposofo che si è occupato anche di botanica. Visionario eclettico, tra i vari studi speculativi ha lasciato anche indicazioni pratiche, da cui ognuno potesse ricavare il proprio metodo. Steiner – che era filosofo e non agricoltore – ha lasciato libertà ai discepoli, limitandosi a mostrare come rivolgersi alla natura. La sua opera comprende la collaborazione con l’amico e collaboratore Pfeiffer, nata dalla richiesta di alcuni contadini che volevano recuperare la quantità e la qualità dei propri ortaggi.

Incaricato da Steiner, Pfeiffer si è occupato di cristallizzazioni sensibili. Le cristallizzazioni sensibili sono metodi di analisi per valutare la composizione, la qualità e gli effetti di una sostanza e dei suoi componenti, basandosi sull’armonia e sull’ordine della conformazione cristallina.

Un metodo affine è stato elaborato da Masaru Emoto, autore giapponese di Memorie dell’acqua. Come per la nutraceutica, attualmente riscoperta ma già nota a Steiner, si tratta di un approccio che oltrepassa i valori chimici per concentrarsi sulle forze sottili. Sono metodi affascinanti perché celebrano il lato scientifico accanto a quello filosofico e spirituale. Questa mentalità andrebbe promossa».

La Cerreta Terme: un luogo ancestrale
La Cerreta, un’oasi di pace (Fonte: Hotelmix)

L’economia circolare di un luogo ancestrale: La Cerreta terme

«La zona è sana e integra a livello ecosistemico. Dal punto di vista faunistico, ad esempio, non si registrano incidenti tra i predatori – come il lupo – e gli animali della fattoria. Anche i danni degli ungulati sono contenuti. Questa constatazione si può estendere fino al microscopico. Nonostante il vigneto sia circondato dal bosco, le piante resistono alla Tignoletta della vite come i controlli annuali dimostrano. Le trappolette installate catturano circa cinque esemplari; non si rendono necessari particolari trattamenti.

La Cerreta, poi, propone una formula di economia aziendale circolare. Quasi la totalità dei prodotti giunti in tavola proviene dal circuito interno. Questo vale per le carni, per i prodotti caseari – come latte, formaggi e yogurt – e per la frutta e la verdura. L’azienda trae le proprie primizie da un orto di quasi mezzo ettaro. Anche i fertilizzanti – come il letame e i sovesci – provengono dall’interno. Solo il sale, il caffè e un po’ di farina sono reperiti esternamente». 


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Le terme erano originariamente presenti?

«Le terme sono emerse per caso, per quanto del caso si possa dubitare. Serviva un pozzo perché mancava l’acqua per il fabbisogno agricolo. Sono state condotte ricerche geologiche, per individuare la presenza di carbonati e di acqua. Era stato individuato un punto dall’esperto, in una posizione particolare; proprio lì, in precedenza alcune ospiti tedesche avevano costruito un mandala, visto che a loro parere il suolo emanava un’energia particolare. Il geologo ha fatto un carotaggio e, a centocinquanta metri di profondità, dopo aver trovato solo polvere è zampillata l’acqua alla temperatura di cinquanta gradi.

La Cerreta Terme: un luogo ancestrale
Panoramica dei giardini termali (Fonte: Hotelmix)

Si è dovuto scavare molto, perché oggi le falde si sono abbassate e c’è meno circolo in superficie. È fuoriuscito un vero e proprio fiume, con una portata poderosa. Così, dal 2002, è cambiata la vita dell’azienda; la Cerreta è diventata un luogo ancora più benefico. Le pietre tolte a mano per piantare i vigneti, accantonate per qualche anno, sono diventate utili per costruire le piscine e le altre strutture termali. Ecco l’idea di circolarità per eccellenza. Tutto è realizzato in pietra. L’idea di cercare le terme è nata anche da altri indizi, come la vicinanza con Larderello e Monte Rotondo – noti per la geotermia – o la presenza delle vicine terme etrusco-romane; inoltre, tante località a noi prossime si chiamano Acqua calda».

Si ringrazia Mattia Mazzanti per la cortesia, la cordialità e il tempo dedicato a questa fruttuosa chiacchierata.

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