Per capire bene cosa è il neuromarketing bisogna risalire alle sue origine (circa una ventina di anni fa), dando un occhiata alle modalità di utilizzo delle tecniche, oggi usate da molte grandi aziende, in parte applicabili anche in scala ridotta.
Quando si deve sviluppare una strategia di marketing, uno dei fondamenti da cui iniziare è l’analisi del mercato, senza la quale parlare di approccio al consumatore finale è solo un’utopia.
Pur essendo uno dei pilastri del marketing, quest’analisi è un passo molto difficile da compiere, per le numerose sfumature che può presentare questo tipo di studio. Negli ultimi venti anni si è sviluppata una scienza che viene in aiuto del marketer impegnato in questo particolare processo: si tratta del Neuromarketing.
In questo articolo vedremo insieme quando nasce il neuromarketing, cosa è ed a cosa serve, per poi vedere delle applicazioni pratiche di questa affascinante branca del marketing moderno.
Che cosa si intende per neuromarketing
Il neuromarketing è una branca della neuroeconomia ed ha come scopo quello di capire quali sono i migliori canali di comunicazione per stimolare l’acquisto di un prodotto.
In particolare gli studiosi della disciplina analizzano quali aree cerebrali si attivano al presentarsi di un certo stimolo; nel caso specifico di un prodotto, di una particolare grafica o di una pubblicità. Lo studio è finalizzato a capire cosa accade nel cervello davanti ad un certo stimolo visivo, olfattivo o tattile per capire in che modo il consumatore arriva a decidere un certo acquisto.
Per comprendere cosa accade a livello neuronale e neurocognitivo, si usano tecniche di risonanza magnetica funzionale, indagando cosa viene attivato nel cervello in risposta a determinati stimoli pubblicitari, con lo scopo di definire il livello di efficacia della comunicazione.
Si ritiene spesso, erroneamente, che il neuromarketing sia realizzato attraverso un insieme di tecniche manipolative.
Niente di più impreciso: lo scopo dello studio è di capire cosa succede al cervello quando è sottoposto ad un certo segnale, ed in base a questa analisi si sceglie la comunicazione più coerente.
In poche parole si tratta di capire cosa porta una persona a fare un certo acquisto piuttosto che un altro.
Quando nasce il neuromarketing
Un primo tentativo finalizzato a dimostrare cosa accade nel cervello quando gli occhi vedono un certo prodotto, venne condotto, all’incirca nel 2000, dal neuroscenziato Read Montague. Questi, munito di un tomografo e di un apparecchio per la risonanza magnetica, ha sottoposto ad un esperimento due gruppi di persone.
Ai componenti di entrambi i gruppi ha fatto bere un bicchiere di Pepsi Cola ed uno di Coca Cola, rivelandone il contenuto solo al secondo gruppo.
Durante l’esperimento, i componenti del primo hanno dichiarato di preferire la Pepsi, circostanza dimostrata dalla maggiore attività della zona del cervello deputata al recepimento del gusto. I partecipanti al secondo raggruppamento, durante l’assaggio, hanno mostrato invece di preferire la Coca Cola con una maggiore attività dell’area del cervello deputata alle elaborazioni razionali.
L’esperimento dimostra, che l’acquisto di un certo prodotto non è frutto solo di una scelta dettata da un bisogno, ma anche da altri componenti, ed uno di questi è sicuramente la riconoscibilità di un brand.
Negli anni successivi il Prof. Ale Smidts svilupperà il neuromarketing come disciplina, oggi molto usata nello studio dei brand e nelle ricerche di mercato.
Come funziona il neuromarketing
Il neuromarketing è una materia che ben si adatta allo studio della brand strategy aziendale perché permette di capire le associazioni mentali che fanno i consumatori nei confronti di un marchio e di definire le giuste strategie in armonia con quelle percezioni.
Quali tecniche del neuromarketing si usano di più on line ed off line?
Il neuromarketing è utilizzato per svariati scopi all’interno di un piano strategico.
Una delle tecniche più adottate è lo Storytelling: nel corso degli anni gli studi hanno dimostrato che nella percezione del consumatore, l’uso di una narrazione coerente con i valori e la comunicazione generale, facilita il livello di memorizzazione del brand.
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Altra tecnica usata è quella dell’”Eye tracking”, cioè il tracciamento dello sguardo del cliente rispetto ad un oggetto.
Questa metodologia è utilizzata per verificare cosa attira lo sguardo del consumatore in un supermercato, nel packaging di un prodotto, oppure per verificare se c’è una difficoltà nel ricercare le informazioni in una confezione.
Questo sistema si usa anche nell’ambito del web marketing, ad esempio per capire in che punto di una pagina web posizionare un certo contenuto (un annuncio, un form, un banner).
In questo caso si osserva la frequenza di osservazione delle diverse aree della pagina, scegliendo quelle più attenzionate.
Neuromarketing per le aziende
Ma in che modo queste tecniche trovano un’applicazione pratica nelle aziende?
Vediamo, l’esempio di un’importante azienda italiana che ha adottato alcune scelte in parte replicabili.
Case study: Neuromarketing per il food
Ferrero ed i Nutella biscuits, pur avendo un budget milionario, si prestano bene come esempio di una strategia replicabile anche da una PMI.
L’azienda di Asti ha lanciato il prodotto nel mercato italiano a fine 2019 e dietro al successo c’è un attenta strategia di marketing, con largo uso delle stimolazioni sensoriali tipiche del neuromarketing.
La scelta strategica si basa su due punti: il lancio e le caratteristiche del prodotto.
Al momento del lancio l’azienda ha scelto di fornire i supermercati con scorte minime; questo introduzione ha innescato nei clienti la percezione di scarsità e di conseguenza una corsa all’acquisto, con due risultati:
- Gli scaffali dei supermercati ne erano spesso sprovvisti, e l’azienda ne prometteva la disponibilità nei giorni successivi;
- Il prodotto è stato percepito come “speciale”.
Ma non è solo questo che ne ha determinato il successo. C’è infatti un altro lato – forse più specifico – della strategia di neuromarketing, che distingue il biscotto: le sue caratteristiche fisiche.
La confezione, infatti, è richiudibile a sacco, circostanza fino a qualche tempo prima inusuale fra i prodotti dello stesso segmento di mercato, ed il biscotto ha una circonferenza più ampia rispetto ai concorrenti ed un peso maggiore, dando così una percezione aumentata del gusto.
Conclusioni
Pur essendo il neuromarketing una disciplina innovativa, nonostante la nascita relativamente recente, ha già approfondito notevolmente i percorsi mentali, psicologici e neuronali che avvengono nella mente del consumatore al momento in cui acquista e viene sempre più spesso utilizzata per capire gusti e comportamenti d’acquisto.
Nonostante questo i neuroscianziati sono pur sempre parecchio distanti dal capire cosa realmente avviene nel cervello umano quando si innescano determinati meccanismi e forse è un argomento che non verrà mai compreso appieno, essendo molto ampio e raggruppando diverse discipline.
Vedremo nei prossimi anni lo sviluppo della materia, come diventerà interessante ed approfondita.
Si tratta comunque di un argomento interessante e da seguire per chi si occupa professionalmente del settore.
Se ti è piaciuto l’articolo, desideri ampliare l’argomento, o vuoi fare qualche osservazione che può essere sfuggita, scrivilo pure nei commenti; ogni utile osservazione è importante per capire di più su questo straordinario mondo del neuromarketing.