Ti sono mancato?
Ti sono mancato? Me lo chiedo spesso. Me lo sono chiesto molte volte, all’alba di una notte che non sapeva finire, al gusto di lacrime che avevano perso di sapore, tristemente capaci solo più di bruciare. Me lo sono chiesto finché le unghie non hanno cominciato a sanguinare.
Nervosamente, con le gambe intente a scandire il tempo. Con gli occhi immersi in una ricerca di dettagli sconosciuti. Che maglia avrai scelto oggi? Quella che mi garbava tanto? Che sorriso avrai indossato? Quello finto? Così simile al mio.
Ti sono mancato? Ci ho sbattuto la testa, contro il nulla, il niente, contro di te.
Perché è sempre quello che rimane ed in fine riesce a fare la differenza. Niente, tutto, bisogna poi scegliere uno dei due. O me, o te, niente noi.
E tu mi ci vedi a scegliere? Io che so già cosa farò tra dieci anni ma ci metto un’ora per decidere quale sia la camicia in grado d’abbinarsi meglio con la mia giornata. Io che non riesco a combinarne una giusta, mi mescolo male, come l’olio dentro l’acqua, pensate, non so galleggiare.
È una questione di abbinamenti, tutto. L’arancio con il marrone, il blu con il nero, il mio sorriso con le tue insicurezze.
C’è chi lo chiama equilibrio, chi lo definisce sapere, chi moda. E qualsiasi nome tu voglia dare lui, è semplicemente un casino.
Pazzesco, non trovi?
Se non lo trovi è come me, che non so se ti sono mancato.
Come l’aria prima dopo uno sparo. Come il coraggio prima di un tuffo. Come un abbraccio dopo aver fatto l’amore. Io so mancare così, nei momenti che contano.
Allora arrivo fino a dieci, alla rovescia. Allora non ti chiedo se ti sono mancato, tanto alla fine resta.
Sempre.
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