A chi mi chiede cosa faccio nella vita, rispondo : “Vado per mare”. A volte per lavoro, a volte viaggio e basta. Viaggio perché mi piace, perché mi sento viva, perché ogni giorno mi sento più ricca. Viaggio per mare perché il vento mi ha ridato il mio tempo e la mia vita.
Giulia, 27 anni anche se ancora per poco: questa è la mia storia in barca a vela
Ero una studentessa di economia che poi è diventata impiegata in banca. Molti anni prima ero una bambina che alla domanda : “Cosa vuoi fare da grande?”, non aveva risposta, se non : “Voglio essere contenta”. Ai tempi dell’università, ad un colloquio, mi è stato chiesto : “Come e dove ti vedi tra 10 anni?”, “Non ho esattamente idea di chi e dove sarò. So per certo che dedicherò me stessa a non avere una vita mediocre. Voglio essere felice.”
L’idea che mi avrebbe accompagnato per sempre ce l’avevo ma, a livello pratico, come concretizzarla?
Non sapendo come farla diventare “vera”, l’ho messa da parte. Ho iniziato ad acquistare beni materiali, pensando di poter comprare quella felicità di cui avevo tanto fantasticato, in modo tale da dimenticare il vuoto, l’insoddisfazione e l’infelicità di un lavoro che, semplicemente, non era il mio.
Come ho comunicato la mia idea di lasciare tutto ai miei cari
Ho preso la decisione facendo i conti con me stessa. Lo step successivo, parlarne con i miei, è stato procrastinato a lungo. Aspettavo il “momento giusto”, che ovviamente non esiste. Una sera, a cena, ho innescato la bomba. Avevo il cuore a mille e, come un fulmine a ciel sereno, l’ho detto. I miei genitori, ovviamente, non ne sono stati entusiasti. Come dare loro torto? Non avevo un’idea precisa di cosa avrei fatto della mia vita. Alla domanda : “Quindi? Lasci la banca per fare cosa?”, “Voglio essere felice”, “Ma a livello pratico?”. Avrei voluto dire : “Non lo so esattamente, ma lo capirò strada facendo”. Ho optato per : “Vado all’Elba per tre mesi ad insegnare windsurf.
Poi ho deciso di attraversare l’Atlantico su una barca a vela. Voglio imparare ad andare a vela. Mi prendo un anno sabbatico e poi torno per decidere cosa fare della mia vita”.
Non sono mai tornata, se non per prepararmi a ripartire.
Mia nonna, puntualmente, prima di ogni partenza, mi dice : “Ti tses sensa cugnisiun, sta a cà.”, “Ma nonna torno tra pochi mesi”, “Speruma”
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Come è nata la mia avventura in barca a vela
La risposta più sincera che possa dare è : per caso. Per caso ho iniziato a fare windsurf, da cui è nato l’amore per il mare. Per caso ho partecipato al concorso per entrare in banca. Per caso sono andata in vacanza in barca a vela con un’amica, avvicinandomi a questo mondo. Per caso ho conosciuto delle persone che mi hanno fatto capire che cambiare è possibile, che tutti possiamo farlo. Ovviamente, la mia vita non è cambiata “per caso”.
Ho preso una decisione che mi è costata ansie, nervosi, lacrime. L’avventura è però continuata “per caso” : per caso ho incontrato l’amore, per caso ho attraversato l’oceano Atlantico con due famiglie meravigliose e poi, quasi altrettanto per caso, ho attraversato il Pacifico in barca a vela con il papà di Gigi. La mia vita è un po’ “per caso”. Ad onor del vero, sono sfacciatamente fortunata. Come dice sempre mia sorella : “Giulia, in un modo o nell’altro, a te va sempre tutto bene”.
E’ vero. Rido, sorrido, mi fido delle persone, mi piace buttarmi nelle giornate. Essere positivi attira positività.
L’inizio dell’avventura
Quando sono partita da Gibilterra (ottobre 2016), la richiesta : “Prendi una mano di terzaroli” mi terrorizzava. Quando mi veniva detto : “Mettiti al timone”, iniziavo a sudare freddo. Per non parlare del primo ormeggio a cui ho partecipato : un disastro. Ho avuto la fortuna di avere con me delle persone che mi hanno dato la possibilità di provare, e sbagliare. Ho imparato molto. Nella vita, tante volte basta avere spirito di adattamento e voglia di apprendere.
Gestire una barca a vela o la vita di barca, in fondo, non è difficile. E’ invece fondamentale imparare a gestire le situazioni in cui ci mette il mare. Il mare che oggi è calmo, può diventare domani un mostro capace di inghiottire ogni cosa.
Le persone che ho incontrato durante i miei viaggi in barca a vela
Persone meravigliose, che mi hanno cambiato la vita e la percezione che ho del mondo. Su tutti metto Gigi : la vita ce la siamo cambiata a vicenda, incontrandoci. E’ vero che ci siamo conosciuti quando ormai io non lavoravo più in banca e lui faceva già lo skipper. Ma siamo stati l’uno il compagno di viaggio dell’altro, anche quando eravamo lontani. Ed insieme a lui, tutti gli altri.
Viaggiando abbiamo avuto la fortuna di inciampare in persone che ci hanno aperto le loro case e le loro barche a vela. Persone che ci hanno ospitato o che abbiamo ospitato. Persone straordinarie. Su tutti ricorderò per sempre il coraggio di una coppia di ragazzi che, senza sapere nulla di vela, hanno comprato la loro barca, di nove metri circa.
Sono partiti dalla Svezia, alla ricerca del caldo. Li ho incontrati a Hiva Oa, Isole Marchesi, con ormai due anni e mezzo di viaggio alle spalle, su una barca senza battagliola, senza motore entrobordo, senza bagno, senza dissalatore, con un serbatoio da 250 litri, budget limitato. Hanno circumnavigato l’America del Sud, passando per dei mari che non perdonano. Non si sono fatti frenare da nulla pur di inseguire il loro sogno di viaggiare in barca a vela.
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Il posto più bello che ho visto durante la mia avventura in barca a vela
Probabilmente la Baia delle Vergini, a Fatu Hiva (Isole Marchesi). Una baia mozzafiato, verdissima, circondata da pinnacoli che scendono scoscesi sul mare. Uno spettacolo incredibile. Inizialmente era chiamata Baia delle Verghe, a causa della forma fallica dei pinnacoli. Alcuni missionari francesi, trovandolo immorale, hanno cambiato il nome in Baia delle Vergini. Dal punto di vista emozionale, è per me un luogo carico di significato : rappresenta la “Terra!” a cui abbiamo gridato dopo 16 giorni di traversata del Pacifico a bordo della barca a vela, quella terra di cui abbiamo tanto sognato e parlato durante i lunghi giorni passati in mezzo all’oceano. E’ per me un posto magico, di una bellezza incredibile, abitato da persone con il capo adornato di fiori che ci hanno accolto tra loro regalandoci sorrisi e frutta fresca.
La storia più incredibile?
Senza alcun dubbio avere incontrato Gigi. Grazie al mare ci siamo incontrati, e per mare la nostra storia è continuata. Due mesi dopo esserci conosciuti siamo andati a vivere insieme, sulla stessa barca. I nostri piani coincidevano in tutto e per tutto : attraversare l’Atlantico in barca a vela e poi si vedrà. Prima di partire ho detto alle mie amiche : “Ragazze, questo qui mi piace. Il problema è che ci siamo appena conosciuti e già andiamo a convivere, per giunta in un ambiente così ristretto. Aiuto”. A posteriori, posso dire che ce la siamo cavata piuttosto bene.
Ci conosciamo alla perfezione, ci capiamo, ci divertiamo da matti ed insieme ci stupiamo di quanto la vita ci stia regalando. Ognuno sa cosa aspettarsi dall’altro, in navigazione, negli ormeggi, nella gestione della barca. Ci fidiamo reciprocamente. Sappiamo che nessuno dei due sarebbe qui, se non fosse stato perché l’altro era al suo fianco lungo il percorso.
L’avventura che non dimenticherò mai?
Non credo di poter identificare un singolo momento. Sicuramente non dimenticherò mai l’orizzonte temporale che mi ha vista navigare da Gibilterra alla Polinesia Francese, il mio primo vero viaggio in barca a vela, per metà affrontato senza Gigi. Tutto ha destato in me meraviglia. Tutto mi ha stupito, lasciato senza parole, resa felice di essere viva. Qualche volta ho avuto paura. Indimenticabile rimarrà la mia prima traversata, i turni estenuanti, la nausea, le botte che sentivo tra i due scafi del catamarano, gli scricchiolii della struttura, il buio impenetrabile e la consapevolezza di essere su un guscio di noce nel bel mezzo del nulla. Dopo 22 giorni e 20 ore di mare ho rimesso piede a terra, spergiurando che mai più avrei attraversato un oceano. Dopo 4 mesi ero in mezzo al Pacifico.
Ho imparato che c’è sempre un mare che chiama.
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Il prezzo da “pagare” per un biglietto di sola andata con la barca a vela
Sentimentalmente, perdi tantissimo ed allo stesso tempo guadagni altrettanto. Da una parte, perdi la presenza degli affetti. Perdi la carezza di mamma, l’abbraccio di papà, i litigi con i fratelli, le uscite con gli amici. Perdi le spalle su cui piangere, le orecchie a cui confidare. Su tutto, ho perso una delle mie due nonne. Ho perso molto, però molto ho ritrovato. Mai come ora sono vicina ai miei famigliari, mai come ora il tempo che passo con loro è prezioso. Lo conto, fino all’ultimo secondo. Anche se, in fondo, sono pur sempre una figlia, una sorella, una nipote, con tutti i suoi difetti. Essere amata mi rende forte. Ed essere lontana mi ha reso più vicina a quelle persone che in ogni viaggio porto in una piega del cuore.
Economicamente, può costare un occhio della testa oppure poco e niente. Dipende dall’approccio. Tra le altre cose, sono stata una “barcastoppista per caso”. Ho attraversato l’Atlantico con due famiglie straniere che mi hanno preso a bordo in cambio di aiuto con i turni. Sembra incredibile, ma ho attraversato un oceano a costo zero. Non sono stata né la prima né l’ultima. Molti ragazzi conosciuti a Gran Canaria hanno fatto la stessa cosa, per tratte ben più lunghe della mia. Su tutti, non dimenticherò mai Wilbur, un ragazzo australiano che, dopo aver girato l’Europa , si è imbarcato a Barcellona, senza avere esperienza di mare, per arrivare a Gran Canaria. Anche lui ha trovato un nuovo imbarco e ci siamo rivisti nei Caraibi, un oceano dopo. Wilbur viaggiava con una manciata di dollari. E’ stato con noi una decina di giorni. In cambio di vitto ed alloggio ci ha portato un sacco di allegria e ci ha aiutati con alcuni lavori sulla barca. Aveva sempre con sè un enorme pelouche appeso allo zaino. Dopo aver preso confidenza, gli ho chiesto : “Wilbur, ma come mai viaggi con un pupazzo?”, “Perché viaggio da solo. Con qualcuno dovrò pure parlare. Non ti sembrerei matto se parlassi da solo?”
Fantastico.
Dove sono oggi?
4 voli dall’Europa e mi sono ritrovata alle Tuamotu, Polinesia Francese. Il progetto è quello di fermarsi qui fino a metà agosto, per poi rivolgere la prua verso ovest e andare ad esplorare Cook, Tonga, Samoa e finire alle Fiji in ottobre. Negli ultimi due anni ho avuto la fortuna di visitare posti meravigliosi, ma la Polinesia è il Paradiso. I posti sono di una bellezza mozzafiato, i tramonti straordinari. I profumi mi tolgono il respiro. L’odore dell’oceano si mischia a quello di piante e fiori. Tutto è colorato. La gente è a colori, e sono colori vividi, sgargianti, allegri. I Polinesiani sorridono, sono vitali, hanno gli occhi che ridono. Cosa ci può essere di più bello? Mi piacciono. Li incroci per strada, ti salutano. In Italia le persone, spesso e volentieri, fanno finta di non vedersi. Siamo davvero sempre così di fretta da non avere neanche il tempo di accennare un saluto? Come mai siamo così arrabbiati con il mondo?
A Rangiroa, tornando in barca dopo un’immersione, abbiamo incrociato un ragazzo locale in bicicletta. Ci ha sorriso, abbiamo scambiato due battute. Ha continuato per la sua strada. Nel giro di mezz’ora l’abbiamo incrociato altre due volte. Ci ha invitati a bere una birra con lui ed un suo amico, seduti sulla banchina del porticciolo. Hanno imbracciato un ukulele ed una chitarra, ed hanno iniziato a cantare. Questi sono i Polinesiani. Questi sono i momenti che custodisco gelosamente nel cuore.
La vita si rigira in modi strani. Alle volte pensiamo di volere qualcosa ma di poterlo guardare solo da lontano, facendoci del male. Sciocchezze. Andiamo a prenderci ciò che vogliamo, o per lo meno tentiamo di farlo. C’è speranza per essere quello che vogliamo essere. Il rischio mai preso farà sempre male. “Se solo avessi…”. Io sono tornata ad essere la bambina piena di aspettative e desideri che ero una volta. Allo stesso tempo, sono diventata una donna consapevole di sé, delle sue forze e delle sue debolezze. Nel momento in cui mi sono resa conto che non ero più orgogliosa della mia vita, ho deciso di cambiarla. Non è mai troppo tardi. I desideri ti salvano. Io ero quella bambina che non voleva niente ed allo stesso momento voleva tutto. La cosa pazzesca è che sono riuscita ad ottenerla.
Avevo promesso a me stessa la felicità.
Questo è solo l’inizio di un’avventura in barca a vela.
Giulia
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Ho visto il tuo profilo e letto la tua storia: fantastici, siete bellissimi e state facendo dei viaggi incredibili..ma sono skipper e vado in barca da una vita, direi occhio e croce da ben prima che tu nascessi e mi domando: al di là del “barcastop per caso”..come paghi i 4 voli per la Polinesia, i marina, la manutenzione, la cambusa, le immersioni?… le barche su cui viaggiate di chi sono? trovo il racconto metà finto e metà infantile: mi sembra che viviate una bellissima, lunga e invidiabile vacanza perché siete fortunati e privilegiati. Ed è una cosa fantastica se accompagnata da un po’ di sana consapevolezza. Mi sbagliero ma sembrate più ragazzi in viaggio con pochi rischi e famiglie benestanti (di quelle italiane che non salutano ma danno ai figli la possibilità di sognare) a casa fare da cuscino e paracadute, che marinai che affrontano una coraggiosa scelta di vita. l’insegnamento “no-regrets” “se vuoi puoi” “insegui i tuoi sogni” è superficiale e superfluo…a 27 anni con una laurea in economia di sicuro saprai che i privilegi di pochi sono pagati dal sacrificio di molti: qualcuno può inseguire i suoi sogni e tanti non possono nemmeno sognare…godetevi il mare e le vacanze in barca non tutto deve avere un senso superiore..