Le rose
Non amo che le rose che non colsi, si può dar torto a Guido Gozzano?
La rosa più bella è quella a cui riserviamo la premura di non coglierla, di non sfiorarla neppure con un dito. Colei che già solo ad osservarla ci pare d’aver commesso un furto.
L’amore è così fragile. Muove i suoi passi dentro alla mente, scava così profondo d’arrivare al cuore. Resta incompiuto come un’opera d’arte se non lo si cura, tremendamente bello anche se incompleto.
Lacera, Dio solo è consapevole di quanto dolore possa portare l’amore. Come le rose, tenebrose di spine, così semplici e crudeli al contempo. Tinte di sangue, color bordeaux pronte a nascere dalla speranza.
Quando amiamo o ci sentiamo amati abbiamo sempre un buon motivo per sperare, per sorridere senza motivo o anche solo per svegliarci di buon umore.
La verità è che l’amore non si può cogliere, è fatto per abbattere. Muri e barrire, pregiudizi e risentimenti.
Ma quante rose abbiamo seminato? Quante ne abbiamo rifiutate? Quante sono andate perdute?
Dovremmo giocare a buttarci, su quel letto di spine. Che se il dito scrocchia vuol dire che ti ama, ricordi?
Io personalmente ho solo questa paura, vendermi come rosa, scoprirmi poi margherita. Facile da spulciare, troppo comune o destinata al piscio di cane.
Vivo di ricordi costruiti sui miei fallimenti, mi sento come una spina sulle labbra di chi mi ha provato a baciare. Delusione altrui.
Le rose che non colsi, le altre che non diedi modo di cogliere. Le mani vuote per strada, gli occhi pieni di lacrime ed il respiro che non sa mischiarsi con quello di qualcun altro.
Ed ho un petto, fatto di costole e pelle. Ed ho gli occhi, pronti a guardare le stelle.
Forse sono un papavero strappato e gettato per terra, perché non tutti vogliono le rose, o almeno non solo quelle.
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