13 Ottobre 2024 15:23
Indecisione - Thegiornale.it

Vi è mai capitato di rimanere paralizzati di fronte ad una scelta? E quella scelta si sia trasformata in un’ossessione? Quando l’incertezza e l’indecisione vi si ergono davanti, quando il dubbio vi assale e vi ritrovate come sospesi in un’atmosfera kafkiana, costretti tra pareti e soffitti sempre più asfittici, a decidere quale porta prendere per uscirne, sentendovi un po’ come i protagonisti dei romanzi di Franz Kafka, incastrati nelle dinamiche del caso.

L’indecisione attraverso i personaggi di Kafka

Le opere dello scrittore sono state oggetto di molte interpretazioni, la psicologia dietro ai suoi personaggi ha affascinato lettori e critici. Quel senso di alienazione, disagio e smarrimento che si ritrova nei suoi racconti, sembra avere qualcosa in comune con uno stato d’animo che spesso ci tormenta.

“Gli pareva di avere il mal di mare. Credeva di essere su un battello in mezzo a una tempesta. Gli pareva che l’acqua sbattesse contro le pareti di legno e che dal fondo del corridoio venisse come un brusìo di acqua che irrompe, che il corridoio ondeggiasse, e i clienti fossero sbalzati in aria e poi rovesciati giù da tutte le parti.”[Kafka, 1925]

A volte ci si sente un po’ così. Quando ci si trova di fronte ad una scelta e l’indecisione prende il sopravvento. Come negli uffici di uno strano tribunale dove si ritrova K. (Josef K.), protagonista del secondo romanzo di Kafka, Il processo. La prima cosa che succede quando si deve prendere una decisione che si sa essere rilevante e decisiva per il futuro è quella di non sentirsi più sulla terra ferma.

Ormai si è in mare “in mezzo alla tempesta”. Tutto intorno si muove, prosegue il suo corso ma il terreno sotto i piedi è scivoloso, friabile.

L’espediente fuga sembra sempre essere una buona soluzione, ma in alcune decisioni non è permesso, ci si ritrova lì in mezzo, senza capire effettivamente perché, e per quale motivo questa scelta vada presa. La sola cosa certa è che lo si deve fare. E’ l’atto in sé che conta.

K. non conosceva il motivo della sua condanna e mai ne verrà a conoscenza, ma rimane inevitabilmente intrappolato nei meccanismi del tribunale e del suo fatale “gioco”. Immobile, inerme.

Lo scrittore praghese mette a nudo la banalità e l’arrendevolezza dell’uomo attraverso i suoi personaggi, la stessa cosa fa per noi la scelta. Ci fa uscire per un attimo da noi stessi permettendoci un’osservazione esteriore. Cominciamo dunque a cercare di capire quale siano le ipotesi migliori.

Le scomponiamo, le riduciamo in mille pezzi, per provare a capirci qualcosa, per fare l’elenco dei pro e dei contro o per scovare qualche inghippo nascosto. Indugiamo: generiamo l’indecisione.

Diventa impossibile vedere cosa ci sia dentro, cosa ci sia al di là della scelta. Come l’agrimensore K. ed il castello in un altro importante romanzo di Kafka (Il Castello), tormentato da svariati imprevisti che impediscono al protagonista di giungere al suddetto, simbolo di una legge inoppugnabile che rilega l’individuo in una posizione di passività.

Così la scelta si impone dinanzi a noi, riusciamo a vederla e a percepirla, ma mai a raggiungerla. Anche il lettore vuole vedere che cosa ci sia oltre le mura del castello, così come si desidera vedere cosa accadrà una volta presa la decisione.

 

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 E adesso cosa ne farò dell’indecisione?

Al momento di prendere un’importante decisione, sentiamo sempre una nube oscura che incombe, ci lasciamo sfiorare dalla mano pesante del dubbio. Sentiamo intorno a noi tutto più angusto e claustrofobico. Somigliamo a Gregor Samsa, protagonista de La metamorfosi, che dopo essersi svegliato nelle sembianze di un enorme scarafaggio ed infine spersonalizzato da imposizioni esterne, rimane immobile a pancia in su.

E adesso? Si chiese Gregor, guardandosi attorno nel buio. Ben presto scoprì che non riusciva più assolutamente a muoversi: non ne fu stupito, anzi gli parve incredibile di essersi potuto muovere finora su quelle esili gambette.”

[Kafka, 1915]

Finché l’indecisione rimane soltanto un significato o uno stato momentaneo, non ne siamo spaventati. Ma quando le nostre scelte da prendere si moltiplicano, quando l’insicurezza cresce e lei, l’indecisione, si trascina sempre dietro di noi al punto tale da assumere una forma concreta, allora iniziamo a temerla. Simile a una malattia. Hai paura che diventi parte di te, che muti in un elemento pesante e ingombrante legato alla schiena, nascosto nel tuo zaino.

E adesso – da indeciso – mi sento un po’ come un personaggio di Kafka, perso di fronte all’ineluttabile destino, nella speranza di un’illusione, o semplicemente di un’America.

T. 

 

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