Ormai, abbiamo quasi trent’anni e tante cose sono cambiate nella nostra vita: aspettative, lavoro, casa e rapporti. Sopratutto i rapporti. Come cambiano i rapporti?
Quando hai vent’anni, pensi di non poter vivere senza persone che ritieni indispensabili.
Quando hai trent’anni, ti rendi conto che sei sopravvissuta ad abbandoni che non credevi possibili, che non pensavi di poter superare.
Quando arrivi a trent’anni, ti rendi conto che certi rapporti non ha più senso tirarli avanti, anche se sono quelli che credevi indissolubili; impari a gestirne la mancanza che continua a far male, ma che riesci finalmente a comprendere ed accettare.
Quando arrivi a trent’anni, inizi a metabolizzare come cambiano i rapporti e a fartene una ragione.
Allora? Allora scattano addii silenziosi, anche se avvengono in punta di piedi che, inesorabili come il tempo che passa, sono necessari: necessari alla tua sopravvivenza perché l’assenza fa male, ma la loro presenza ti distrugge.
A trent’anni tutto cambia, metabolizzi che le persone con cui pensavi di condividere tutto il tuo percorso di vita sono cambiate, o semplicemente sei cambiata tu.
O entrambe le cose.
Cambia tutto.
Cambiano i tempi, cambia la testa, cambia il carattere.
Hai meno pazienza, non hai voglia di correre dietro a nessuno, nemmeno a te stessa.
Ti rendi conto che il tempo passa quando non hai più voglia di uscire la sera perché sei stanca dopo 10 ore di lavoro, incastrata e soffocata dalle mille cose che la vita quotidiana di adulto ti mette davanti, dalla lavatrice alle pulizie al voler semplicemente stare sul divano a leggere un libro o pensare semplicemente a te stessa, spegnendo il cervello e lasciandolo vagare.
Può accadere che in quelle sere solitarie sul divano, il cervello vada di nuovo a pensare a quelle persone che hai perso, che ti hanno abbandonato dopo aver condiviso un pezzo di percorso insieme e che tu a tua volta hai abbandonato o hai lasciato andare.
Cambiare come condizione costante di vita, addii come situazioni di normalità; dopo un po’, ci si fa l’abitudine.
Poche sono le persone che condivideranno con te l’intero viaggio, tanti gli attori non protagonisti del tuo film.
Eppure, fa male.
Sopratutto quando si cresce insieme.
Quando vorresti un ultimo confronto ma sai che non esiste risposta o soluzione al problema/domanda “come può essere successo questo?”.
Ripercorri con un misto di malinconia e felicità quel pezzo di strada condiviso, prima di arrivare al bivio che ha portato ai saluti, all’atto finale.
E ci si prova, ci si prova sempre a “mettere una pezza”, ma risulta perennemente forzato e finto; ti ritrovi seduto con gente che guardi e non riconosci, chiedendoti come sia stato possibile questo.
Chiedendoti come cambiano i rapporti così, inesorabilmente.
Disattenzione?
Non aver mai realmente conosciuto l’altro?
Crescere in maniera diversa?
Forse.
Forse una combinazione di tutte e tre queste opzioni.
E razionalmente lo sai che è il momento di dirsi addio, ma, razionali si sa, non lo siamo mai abbastanza.
Quindi, lasciare la presa diventa l’ unica soluzione quando a forza di tenere la corda ti rendi conto di avere tutte le mani sanguinanti e intorpidite.
Stasera sono qui, sul divano a pensare a voi, facendo scattare il mio addio inesorabile e puntuale come un orologio svizzero; meditato troppe volte ma che non sono mai riuscita a mettere in pratica realmente.
Grazie degli anni passati insieme, grazie per aver condiviso un pezzo di vita.
Ora spero che siate felici come lo sono io; vi auguro di realizzare tutti i sogni di cui abbiamo sempre parlato per ore, davanti ad uno dei nostri film mangiando schifezze fino a tardi.
Fa male, ma è il mio momento per mollare la presa.
Buona vita.
Ecco come cambiano i rapporti a trent’anni, come cambiamo noi trentenni.