Dopo una lunga attesa di 3 anni giunge nelle nostre sale il capitolo conclusivo dell’apprezzatissima saga sci-fi de Il pianeta delle scimmie. Sarà riuscito Matt Reeves nell’arduo compito di donare alla trilogia un finale degno delle aspettative?
Per togliere ogni equivoco la prim
a immagine nitida a schermo è un elmo militare con su scritto monkey killer (ho molto apprezzato le esplicite citazioni che il buon Reeves dissemina nella sua pellicola, top: Ape-pocalypse Now), insomma non c’è spazio per parole e negoziati, non c’è spazio sul nostro pianeta per una seconda specie dominante.
Per cui nonostante gli sforzi di arginare il conflitto da parte di C
esare, leader carismatico e incontrastato delle scimmie, la guerra appare come l’unica via percorribile o comunque una fase obbligatoria in questo scenario apocalittico.
Infatti, sebbene sui due fronti ci siano esseri razionali e dalle spiccate capacità intellettive, ciò che domina il flusso degli eventi sono i sentimenti e le reazioni di pancia che i protagonisti abbracciano consciamente convinti di agire per il bene della propria specie, nel caso del colonnello, o per sé stessi, nel caso di Cesare.
In qualche recensione ho letto di schemi tipici e stereotipati per la fazione degli uomini, io invece ho visto reazioni verosimili e dinamiche credibili. Chi definisce il colonnello una figura piatta, o non ha visto tutto il film, oppure è andato in bagno proprio nei momenti in cui vengono messi in luce i motivi che ne hanno estremizzato i connotati bellici.
Anche per merito dell’incredibile lavoro di animazione in CG, spesso si fa fatica a distinguere chi siano realmente gli umani e se, indipendentemente dall’esito dello scontro, i valori sociali e etici che hanno contraddistinto la nostra società potranno fiorire nuovamente, o saranno perduti per sempre.
Un lavoro in computer grafica che non è mai fine a sé stesso e non si riserva il mero scopo di stupire con strabilianti effetti speciali, ma diviene un elemento coeso con il contesto cinematografico, fondamentale e indispensabile per i fini narrativi.
Il pianeta delle scimmie è un film che parla all’uomo e al suo lato primitivo.
Dove sembra non esserci spazio per la compassione per il prossimo e il diverso, ma proprio per questo riesce a commuovere quando si manifestano i gesti più semplici e caritatevoli di cui gli esseri viventi sono capaci e che ci fa credere che nonostante tutto c’è sempre speranza e che il conflitto non è per forza l’unica soluzione. In fin dei conti ciò che eleva l’uomo da animale a umano è proprio la capacità di provare compassione e di saper vincere i propri istinti.
The War: il pianeta delle scimmie è la degna conclusione che la saga meritava e un altro importante esempio di come il cinema di intrattenimento andrebbe confezionato. Parliamo di un lavoro ben strutturato tecnicamente, con una scenografia robusta e capace di comunicare a più livelli sia allo spettatore occasionale che all’appassionato.
D’altronde per fare bene le cose ci vuole il suo tempo e sono felice di aver dovuto aspettare altri tre anni per godermi in sala questo grandioso epilogo.