Però parlatene
“È bello morire per ciò in cui si crede; chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”
Parlare di mafia è forse troppo semplice nel nostro paese, specie ad oggi, ma una volta non era così. Alla fine siamo ancora conosciuti nel mondo per questo cancro che ci appartiene.
“Pizza, mafia e mandolino”, no? Che poi, il mandolino chi lo suona più?
Scherzando sul web si legge questo, perché la mafia ha seminato terrore e morte, ma noi siamo diventati bravi a scherzare su tutto. E se ridi una cosa non ti può spaventare più così tanto!
Poi c’è un’altra realtà, quella che ci dice che per qualcuno la mafia è stata la salvezza.
Quella che raccontava Marco Risi nei film Mary per sempre e Ragazzi fuori.
La mafia che toglieva l’acqua dai paesi del sud e teneva intere cittadine per le palle.
La mafia che tagliava le mani a chi scriveva la verità, a chi denunciava i soprusi che la gente subiva.
La mafia che dava lavoro, sottopagato naturalmente, schiavizzando la gente nei campi di pomodori e nelle fabbriche.
Però parlatene, Borsellino venuto a mancare il 19 luglio 1992 non chiedeva altro.
Lo stesso Borsellino che già sapeva d’essere un uomo morto che camminava, perché la mafia, quella vera non fa sconti.
Lo stesso Borsellino che oggi ci guarderebbe come dei poveretti per aver creduto che la mafia non esista più solo perché alla televisione non ci viene detto nulla, non ci vengono più raccontate storie di ‘Ndrangheta o di sparatorie sotto casa. E così non badiamo al fatto che la mafia ha semplicemente cambiato modo d’esistere, e noi la stiamo aiutando a sopravvivere.
Noi? Perché noi?
Perché stiamo facendo esattamente ciò che la mafia pretende, stiamo zitti.
Allora l’invito, a 25 anni anni dalla sua morte rimane intatto, “però parlatene”, facciamolo tutti.
Perché è l’unico modo che si ha per sconfiggere il silenzio, è chiamarlo sperando che qualcuno ci senta e ci venga salvare.